Il Torino campione!

di Giovanni Arpino

Nella «domenica storica» per lo scudetto granata, gioia e angoscia, entusiasmo e thrilling non potevano mancare. Il «campionato giallo» ha voluto tener fede a se stesso fino in fondo, creando guasti coronarici e «stress» da enciclopedia medica. Il pareggio dei granatieri col Cesena, la sconfitta della Juventus a Perugia dimostrano il buon sangue delle cosiddette «provinciali». 

Il Torino, con il suo «vecchio cuore» che tremava per la voglia di fare ma gli levava lucidità di mosse, ha patteggiato durante un incontro i cui novanta minuti parevano durar secoli. Schiacciati dalla responsabilità, gli uomini di Gigi Radice non potevano esprimere il meglio di sé, mentre i romagnoli, pur prudenti e onestissimi, sembravano volergli di re: venite avanti se siete capaci. 

Ma contano ancora queste impressioni, questi giudizi? Lo spettacolo dello scudetto granata, ventisette anni dopo Superga, era di altra importanza, di altra fattura. Il Comunale, trasformato in un cratere vermiglio, conteneva una folla enorme ed esemplare: una folla davvero inglese, seppur con tutti i calori e le febbri di noi mediterranei. Ciò che ha sofferto, gridato, gioito questa folla è stato il vero ingrediente d'una domenica indimenticabile. I vecchi e i giovani cuori granatieri, i piedi stessi che trascinavano i bulloni, si chiudevano in questo abbraccio da antico epos, mentre nuvole di coriandoli, migliaia di bandiere seguitavano a limitare il cielo del Comunale. 



E' questo pubblico che merita il settimo scudetto granata, tutt'intero. Ha letteralmente «spinto» i suoi beniamini per la china di un campionato che pareva ormai deciso: fino a quest'ultima domenica, che vede la squadra di Radix perdere l'unico suo punto casalingo su quindici gare (ed è un neo storico anche questo), mentre la Juve, a Perugia, non ce la fa, si arrabatta, perde convinzione di sé e la partita: ennesima dimostrazione che il calo bianconero era grave e che tutte le ciance su una facile vittoria in Umbria erano fin troppo azzardose. 

Con una media inglese perfetta, con l'impennata che gli è valsa aggancio e rimonta, il Torino di Pianelli e Radix ha così raggiunto il massimo traguardo. E' impresa d'eccezione, sia per il retaggio storico che doveva sopportare il club ad ogni sua apparizione in campo, sia per la felicità d'una squadra nel «ritrovarsi» in pochi mesi. Una cosa ci preme dire: non sarà meteora, come la Lazio o il Cagliari. Il «collettivo» granatiero ha qualcosa di più e meglio nelle sue componenti, anche se sul sentiero del calcio tutto è perfezionabile e nulla perfetto. 

Nel caldo di questa domenica estiva, con l'intera città che festeggia, con le immagini della felicità granata che si inseguono ovunque, finisce dunque la cantica del football di Serie A. Lo scudetto granata pone un sigillo fresco, nuovo, stimolante per tutti, amici ed avversari sportivi. Una squadra giovane, appassionata, familiare, un tecnico tanto abile quanto sobrio e quindi moderno, imprimono un segno nelle vicende del massimo spettacolo sportivo.


Un immenso coro di «alé» fa riecheggiare i suoi echi dalle cantine ai grattacieli. I campioni di Superga hanno finalmente trovato i loro eredi: la storia ricomincia.

"Stampa Sera del lunedì", 17 maggio 1976