Memorie di Adriano

Di lui ho vivido il ricordo del suo esordio nerazzurro. Era una sera afosa dell'agosto 2001, davanti a un classico eurovisivo di sempre: Real-Inter. Squadre in rodaggio, senza particolari sconquassi. A tre minuti dalla fine il cambio: esce un ronzinante di cui ho perso memoria ed entra questo ragazzo di cui nessuno sapeva nulla tra cronisti e giornalisti (poi venimmo a sapere che era casualmente arrivato, campione mondiale a 17 anni, come spicciolo per il rientro al Flamengo del non rimpianto sambista Vampeta). In quattro minuti giocò tre palloni in crescendo, con una naturale autorevolezza. Il primo fu un dribbling sulla destra in cui saltò l'uomo e mise al centro un cross che la cabeza incredula di Vieri o chi per lui mise fuori di un soffio. Il secondo al successivo rovesciamento di fronte, questa volta a sinistra, si bevve tre uomini convergendo verso la lunetta dei 16 metri dove fu steso. A quel punto fu inquadrato il Gaucho Triste che poi ci avrebbe pilotato al 5 Maggio, che si sbracciava verso il campo per fare tirare la punizione al ragazzone ("Tira lui! Fate tirare lui!"). Cronisti RAI sogghignanti: "mo' tira sto' Adriano, appena entrato, mai visto, la solita Inter". 

Rincorsa breve, sinistro in partenza a 178 all'ora (misurati), ancora 170 probabilmente quando si insaccò nell'angolino a sinistra di Ikers [vedi]. Bernabeu espugnato, il fantasma di Santillana finalmente scacciato. Fu l'epifania di un campione. Per giorni consumammo pagine di Rosea per sapere tutto di lui, in un delirio ferragostano.

Un mese dopo, alla prima di campionato [vedi], a S. Siro fece un gol acrobatico di sinistro al Venezia e cercò di strapparsi di dosso come Hulk la maglietta dai sacri colori. Si cominciò a dire che era ancora giovane e discontinuo e che gli avrebbe fatto bene svernare in provincia: così gli furono preferiti Ventola e Kallon e lui andò a sciacquarsi i panni in Arno, dove lo vidi dal vivo il successivo sabato di Pasqua dalla Maratona giocare un'oretta senza nerbo, vedendosela con Materazzi e Cordoba, in uno stadio surreale, vuoto nella Fiesole per l'ultimo sciopero del tifo viola prima del tracollo di VCG.

Poi conosciamo la farsa in cui fu coinvolto: venduto a metà al Parma, insieme con 11 miliardi di vecchie lire, per un Cannavaro intero; una stagione in cui cominciò a dimostrare tutto il suo valore; una comparsata in gessato grigio sociale Parmalat a Controcampo una sera in cui interrogato se sarebbe tornato ad Appiano a fine stagione disse sinceramente che gli sarebbe piaciuto finire al Milan; capocannoniere del campionato in autunno, ispirato dai lanci dell'irritante Morfeo, prima dell'infortunio; il tracollo di Tanzi; la fessaggine di Moratti e i suoi 4 milioni di 'valorizzazione' "per il lavoro svolto da Prandelli"; 22 milioni per ricomprarsi la seconda volta un presunto campione. Anche questa è stata l'era Moratti. 

Il resto è storia: triste. Perché il ragazzo aveva i numeri ma non la testa per cambiare vita. Ha continuato a fare quella di quando era ragazzo. Un peccato: per sé e per noi.
(2015)
Azor