Il Milan riparte da Istanbul: semifinale in frigorifero


Foto di gruppo del Galatasaray al Mithatpaşa.
Vengono esibiti tutti i trofei nazionali detenuti all'inizio della stagione 1962-63
24 gennaio 1963, Istanbul

Sapevamo che a Istanbul non tutti gli inverni sono miti. Capitano settimane in cui soffiano venti rigidi dall'est,  la temperatura scende di molto sotto lo zero, nevica abbondantemente. Ecco, il Milan non ha indovinato l’inverno giusto per scendere da queste parti. Per lo meno, ha imbroccato la partita. Anzi, ne ha azzeccate due in una sola giornata. Le notizie in arrivo dall'Italia hanno infatti sollevato lo spirito della truppa, abbastanza giù di tono dopo la sconfitta di Venezia. La pantomima di David – in ciò, va detto, ben istruito da Gipo Viani – ha commosso il giudice sportivo, che ha concesso ai rossoneri la vittoria a tavolino. Ridotta a cinque punti, dunque, la distanza dal vertice della classifica.

Sul campo poi, nel match pomeridiano, il Milan ha vinto com'era dovere e com'era logico, ma non ha destato particolare impressione. Rasserenati ma ancora appesantiti dalla notte in bianco – l’albergo è stato assediato da un gruppo di chiassosi sostenitori del Gala, armati di trombe, bengala, fischietti e altra oggettistica ‘musicale’: un concerto atteso ma non certo gradevole -  i rossoneri sono riusciti a cavarsela con poche, azzeccate mosse, uscendo da una situazione difficile. Lo stadio, infatti, già piuttosto ‘caldo’, è diventato bollente dopo che il Galatasaray era passato in vantaggio. All'alba della partita, passato attraverso la bufera di vento e di neve, Uğur Köken è sbucato davanti a Ghezzi e l’ha trafitto senza pietà. Il boato assordante del Mithatpaşa ha certamente spaventato Mondino Fabbri e sovrastato per un istante i canti dei muezzin su entrambe le sponde del Bosforo. Il Galatasaray ha continuato a premere forsennatamente: una spinta inesasusta ma velleitaria, vanificata da mediocrità tecnica e confusione di schemi; il reparto difensivo dei campioni d’Italia si è così compattato, senza lasciare più varchi. E anzi, come ci si poteva aspettare, gli spazi nella metà campo dei turchi si sono progressivamente dilatati, offrendo al Milan l’opportunità di estinguere l’incendio già entro la fine del primo tempo. Mora (su penalty trovato da Altafini) e Barison, e poi ancora Altafini alla mezzora della ripresa hanno fissato lo score e surgelato l’ambiente.

José Altafini
23 gennaio 1963, Mithatpaşa Stadium, Istanbul
Galatasaray SK - AC Milan 1:3                 
Galatasaray: Turgay, Candemir, Ahmed; Suat, Ergun, Kadri; Tarik, Mustafà, Metin, Talat, Uğur. Allenatori: Gündüz Kılıç e Coskun Özarı
Milan: Ghezzi, Pelagalli, Trebbi; Trapattoni, Maldini, Radice; Mora, Pivatelli, Altafini, Rivera, Barison. Allenatore: Rocco e Gipo Viani (Direttore tecnico)
Arbitro: Friedrich Seipelt (Austria)
Marcatori: Ugur (4°), Mora (34°, su calcio di rigore), Barison (38°), Altafini (76°)
Spettatori: 20.952





Ex post

Del match non sono reperibili immagini; è possibile non godesse di alcuna copertura televisiva. Anche i commenti sui quotidiani (per quanto è disponibile in rete) sono piuttosto scarni. Il vero fatto di giornata era la decisione riguardante l'episodio di Venezia, e l'assegnazione del 2:0 al Milan (v. l'ampio risalto dato alla vicenda su La Stampa  e su L'Unità del 24 gennaio 1963). Appena possibile, offriremo i resoconti  della partita telefonati ai quotidiani sportivi.

Colorita, viceversa, la rievocazione della partita di Mario Pennacchia, Il calcio in Italia, Torino, UTET, 1999, vol. I, p. 378:
"Per il terzo turno della Coppa dei campioni, il 23 gennaio 1963, il Galatasaray non si propone al Milan come un avversario insuperabile, e il viaggio in Turchia viene affrontato dai rossoneri con sereno ottimismo. Ma le contrarietà che non si temono da parte degli avversari è la furia del tempo a scatenarle ... Il Milan resiste, quanto meno ci prova. Ma quando sta per sentirsi sopraffatto, corre dall'arbitro austriaco Seipelt a protestare, a supplicarlo, una, due, tre volte. Quello, campione di stoicismo, non deflette. Dio permettendo, si guadagna l'intervallo. Tutti i giocatori rattrappiti invocano la sospensione della partita. Maldini, dilaniato dal gelo, vaneggia al punto che Viani gli rovescia in gola mezza bottiglia di cognac. Il fischio dell'arbitro che richiama in campo suona come l'appello nel giorno del giudizio universale. Il più disperato è Ghezzi, costretto a rimanere impalato davanti alla porta ... straziato dal freddo, il portiere si accosta alla faccia posteriore di un palo, si aggrappa alla rete e mentre i suoi compagni cercano nell'agonismo perpetuo un minimo di ristoro al gelo assassino, lui si sforza, si concentra e e finalmente riesce a procurarsi l'unica fonte di calore che gli sia umanamente, anzi, animalescamente concessa per non impazzire: si orina addosso".

Nel maggio del 2003, ForzaMilan dedica ampio spazio alla celebrazione dei 40 anni trascorsi dalla vittoria di Wembley. Maldini, Rivera e Altafini aprono l'album dei ricordi. Solo Maldini ritorna con la memoria a Istanbul, quando ai tre viene domandato quale fosse stata (Benfica escluso) la squadra più difficile da incontrare lungo il torneo: "Direi il Galatasaray, non tanto per la forza della squadra, che battemmo agevelmente a San Siro come in Turchia, quanto per l’ambiente. A Istanbul c’era un tempo incredibile, con ghiaccio e neve, e la notte prima dell’incontro i tifosi non ci fecero dormire per il gran baccano".

Mans

Roberto Baggio: l'uomo immagine della FIGC


Sono trascorse poco più di due settimane dalla clamorosa eliminazione dell'Italia nel mondiale sudafricano. Infuriano le polemiche. Il sistema è sotto pressione. Giancarlo Abete, presidente federale dal 2007, deve calare un 'coniglio' dal cilindro per riscuotere qualche applauso, distrarre la platea e restare ben saldo sulla poltrona. Prandelli è una notevole virata, ma non basta.
Il 'coniglio', guarda caso, c'è. Si chiama Roberto Baggio. Se c'è un uomo di calcio - un ex grande calciatore - che il Paese, senza distinzioni campanalistiche, ha sempre amato o perlomeno apprezzato, è certamente lui. L'ex 'coniglio bagnato' di Gianni Agnelli è ora la magia escogitata dal prestigiatore che governa la Federazione.
Ripercorriamo senza commenti, riproponendola attraverso le pagine disponibili in rete di alcuni grandi quotidiani, l'intera vicenda, che si è conclusa ieri, 23 gennaio. Pochi giorni dopo la rielezione di Giancarlo Abete alla guida della FGCI.

Mans

p.s.: naturalmente seguiremo la coda della vicenda, riportando voci, ricostruzioni, commenti critici

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10 luglio 2010
Un incarico in seno alla Federcalcio per il 'Codino'. Prende sempre più corpo, infatti, la possibilità che Roberto Baggio (dopo aver detto basta con il calcio al momento di appendere gli scarpini al chiodo) vada a ricoprire il ruolo di presidente del Comitato tecnico della Figc. Lo ha ribadito anche il procuratore dell'ex fantasista, Vittorio Petrone: "Roberto Baggio conferma la sua disponibilità e attende l'incontro con il presidente Abete, per approfondire i temi oggetto dell'eventuale incarico, che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni" (La Repubblica).

Una leggenda del calcio italiano, Roberto Baggio, dopo anni di deliberata e incrollabile assenza al mondo del pallone, sembra avviato ad una “rentree” con un incarico di rilievo nell'ambito della Federcalcio. È candidato a ricoprire la carica di presidente del comitato tecnico della Figc. 

«Roberto Baggio conferma la sua disponibilità», ha detto il suo procuratore, Vittorio Petrone, confermando l'anticipazione del Corriere dello Sport. L'ex fantasista «attende l'incontro con il presidente Abete per approfondire i temi oggetto dell'eventuale incarico che dovrebbe venire nei prossimi giorni», ha aggiunto Petrone. «La principale motivazione di Roberto Baggio a rendersi disponibile per verificare e approfondire i temi dell'eventuale incarico - ha spiegato - è quella di offrire il proprio contributo e l'esperienza acquisita in più di 22 anni di calcio giocato (L'Unità).

«Roberto Baggio conferma la sua disponibilità»: lo ha detto, in una nota all'Ansa, il procuratore dell'ex fantasista, Vittorio Petrone, confermando l'anticipazione del Corriere dello Sport secondo cui Roberto Baggio è candidato a ricoprire la carica di presidente del Comitato tecnico della Figc. Baggio, «attende l'incontro con il presidente Abete per approfondire i temi oggetto dell'eventuale incarico che dovrebbe venire nei prossimi giorni». Petrone sottolinea che Roberto Baggio aveva già espresso la sua disponibilità «al presidente dell'Associazione italiana allenatori Renzo Ulivieri. La principale motivazione di Roberto Baggio a rendersi disponibile per verificare e approfondire i temi dell'eventuali incarico - ha aggiunto - è quella di offrire il proprio contributo e l'esperienza acquisita in più di 22 anni di calcio giocato». «È certamente un incarico - ha concluso Petrone - che potrebbe rispondere al desiderio di partecipazione che Roberto Baggio desidera offrire al calcio italiano e alla Federazione» (Corriere della Sera).

11 luglio 2010
Baggio, sei anni dopo. Sì. Pare proprio che l' esilio volontario del calciatore più pop dei novanta e dintorni stia per finire. Un po' come se Mina all' improvviso apparisse in concerto. Beh, a volte ci sta che la fuga diventi noia. Se poi il tuo desiderio di rimetterti in gioco coincide con quello di una Federazione in cerca di nomi credibili ci sta che la cosa si faccia anche in tempi brevi. E allora bentornato Baggio. Anche se ci sarà da discutere e parlare. Renzo Ulivieri, che lo aveva avuto a Bologna da giocatore, ha pensato all' ex fantasista per la guida del settore tecnico della Figc. Una telefonata. Un mezzo sì, anche se la Figc si riserva una risposta definitiva. E allora si va avanti. In fretta. Perché Abete deve trovare facce nuove, anche se questo non è un talent show di Maria de Filippi. Per rilanciare l' azzurro lo slogan è: meno burocrati, più atleti dalla faccia pulita e dal curriculum che luccica. Gente che col suo nome evoca emozioni e tracce di storia vera. Albertini c' è già. Baggio quasi. Si dice che Abete stia pensando anche a Maldini. Ieri il suo procuratore Vittorio Petrone ha colorato di ottimismo il prossimo rientro del suo assistito nel giro: «Roberto ha voglia di offrire al calcio italiano il suo contributo e la sua grande esperienza». E allora forse ci siamo: Baggio, sei anni dopo. E non certo per soldi (Benedetto Ferrara, La Repubblica).

Oltre al neo-ct Prandelli, ci sarà la conferma di Gigi Riva, storico trait-d'union tra la squadra e la Figc, con la scelta ulteriore di riprendere dagli ex campioni simbolo, particolarmente attaccati alla maglia azzurra. Uno c'era già: a Demetrio Albertini, vicepresidente federale, sarà affidata la presidenza del Club Italia, struttura che coordinerà l'ìattività di tutte le squadre naziuonali e in particolare di quella maggiore. Uno è in arrivo: Roberto Baggio è in trattativa per diventare il presidente del settore tecnico, un ruolo non solo di immagine. Il terzo ex fuoriclasse è il più difficile da convincere, ma è anche quello che darebbe il definitivo segnale della rifondazione, con la competenza tecnica e le nuove idee messe in prima fila: Paolo Maldini è il candidato numero uno per la presidenza del settore giovanile e scolastico. Riva, Albertini, Baggio, Maldini: la Nazionale si affida alla propria storia, per dimenticare in fretta Ellis Park  (Enrico Currò, La Repubblica).

16 luglio 2010
Mentre si continua a ventilare l'ingresso di Roberto Baggio nei quadri della Federazione, Abete lascia aperta la porta per il 'Divin Codino': "I grandi uomini di calcio si contano sulle dita di una mano e Baggio è senz'altro uno di questi - dichiara il n.1dichiara il n.1 della Federcalcio - nel prossimo consiglio federale saranno fatte le proposte per la presidenza del settore tecnico e di quello giovanile scolastico, poi provvederemo alle nomine (La Repubblica).

1 agosto 2010
Domani, dopodomani al massimo. A Via Allegri, nella sede della Federcalcio, poche decine di metri da Villa Borghese. Ecco, non si stupiscano coloro che incontreranno da quelle parti Roberto Baggio. Sì, ci siamo. L’uomo dei 205 gol in campionato, il Pallone d’Oro del 1993, il vicecampione del mondo del ’94, sta per cominciare un’altra avventura, quella al vertice del Settore Tecnico. E l’incontro con i vertici federali, a condurre il colloquio sarà il direttore generale Antonello Valentini, dovrebbe mettere a punto l’intesa per armonizzare le reciproche aspettative e farle diventare accordo. Il Consiglio Federale di mercoledì, nel suo abbondante ordine del giorno, ha infatti anche la questione nomine. Il sì a Baggio, se non ci saranno colpi di scena, è pronto e anche unanime.
E’ andata così. Renzo Ulivieri, il presidente dell’Associazione Allenatori, prima l’ideatore e poi l’ambasciatore della proposta Baggio, ha telefonato al campione. Obiettivo: concordare, su indicazione del presidente Abete, un incontro a Roma per andare avanti, passare dal sondaggio alla proposta. Baggio s’è fatto trovare disponibile. Lo entusiasma riaprire un discorso con il pallone, interrotto nel momento in cui smise di dargli del tu, in quel Milan-Brescia ormai vecchio di sei anni. Gli piacerebbe ora un incontro ravvicinato d’altro tipo: mettersi a parlare con un ragazzo che varca per la prima volta il portone di Coverciano, ma anche discutere con un allenatore delle mille strade con cui scoprire un talento, e soprattutto non perderlo. Conclusione della telefonata: l’incontro si fa, presto, subito. Perché il desiderio è reciproco.
L’incontro di domani (o di dopodomani) parte comunque con le premesse giuste perché, fra il ruolo di cucitore della tela di Ulivieri e i reciproci segnali di attenzione, si conta di poter risolvere tutto in fretta. Baggio si presenterà a via Allegri senza il suo procuratore amico Vittorio Petrone, con cui si è naturalmente confrontato in questi giorni e che «tifa» per una soluzione positiva. E’ probabile che si possa affrontare subito la questione dello staff che darà a Baggio la possibilità di ridurre al minimo gli impegni burocratici.Dunque, ci siamo. Ci vorrà più o meno il tempo di una partita per capirsi. Poi si dovrebbe partire. Baggio magari si sentirà un po’ come in una delle 700 vigilie vissute da calciatore: tanta voglia di giocare e di far gol. Ma stavolta in un altro modo, forse molto immaginato ma ora tutto da costruire. Sempre con un pallone per amico (Valerio Piccioni, La Gazzetta dello Sport).

2 agosto 2010
"Ho dato il mio assenso, da parte mia c'è la massima disponibilità a ricoprire il ruolo di presidente del settore tecnico di Coverciano. Adesso però devo aspettare il Consiglio Federale di mercoledì". Lo ha dichiarato Roberto Baggio all'uscita della sede di Roma della Federcalcio dopo l'incontro con il presidente federale Giancarlo Abete.
L'annuncio di Roberto Baggio è arrivato dopo due ore di riunione con Abete e il presidente dell'Assoallenatori Renzo Ulivieri. Sul tavolo della discussione, la volontà di affidare a Roberto Baggio il ruolo del settore tecnico federale come successore di Azeglio Vicini. "Sarà un'esperienza impegnativa, ma spero divertente - ha aggiunto Baggio -, sapremo mercoledì se tutto andrà in porto. Il mio ruolo? Ci sono tanti settori di cui si deve occupare il settore tecnico, però ci vuole un pò di tempo e bisogna capire tante cose". In merito ad eventuali poteri decisionali che Baggio riceverà una volta investito della carica federale, l'ex divin codino ha preferito non sbilanciarsi: "non lo so ancora - ha concluso lasciando la sede della Federcalcio, in via Allegri -. Aspetto mercoledì la certezza, e poi vedremo".
Quello di Roberto Baggio al settore tecnico sarà un ruolo attivo e operativo: non sarà un uomo immagine". Lo ha spiegato Ulivieri, dopo l'incontro con l'ex campione azzurro. La riunione è servita, secondo quanto riferito dal presidente dell'Aiac, ad illustrare a Baggio il ruolo che dovrà ricoprire: "Il suo lavoro sarà impegnativo e faticoso, avrà potere su tutto quello che riguarda il settore tecnico, ma chiaramente non influirà sulla gestione delle nazionali".
"Non ho avuto nessuna comunicazione dalla Figc, ma Baggio è una persona di grande prestigio quindi la Federcalcio fa bene a puntare su di lui". Azeglio Vicini, presidente del settore tecnico della Figc, si prepara così a cedere il testimone a Baggio, da lui allenato in azzurro a Italia '90.
"È un segnale, un grande riconoscimento per Roberto". Gigi Riva commenta così la decisione di Roberto Baggio di accettare il ruolo di presidente del settore tecnico della Figc. "Con Bearzot e Vicini il settore tecnico è stato in buone mani - sottolinea l'ex bomber del Cagliari e della Nazionale all'Italpress -. Ora lui ha la possibilità di modificare qualcosa. Può portare idee nuove basandosi sulla sua esperienza sul campo: il settore tecnico è la parte più importante del mondo del calcio". Per Baggio anche gli auguri dell'Inter. In Federazione entreranno anche Arrigo Sacchi, che sarà il coordinatore delle nazionali giovanili e dell'Under 21, e Gianni Rivera, che sarà presidente del Settore Giovanile e Scolastico (La Gazzetta dello Sport).

Roberto Baggio torna in campo, anche se come dirigente. «Ho dato il mio assenso. Da parte mia c'è la massima disponibilità a ricoprire il ruolo di presidente del settore tecnico di Coverciano. Adesso però devo aspettare il Consiglio Federale di mercoledì» ha detto l'ex calciatore all'uscita della sede di Roma della Federcalcio.
L'annuncio di Roberto Baggio è arrivato dopo due ore di riunione con presidente Abete, il direttore generale Antonello Valentini e il presidente dell'Assoallenatori Renzo Ulivieri. Sul tavolo della discussione, la volontà di affidare a Roberto Baggio il ruolo del settore tecnico federale come successore di Azeglio Vicini. «Sarà un'esperienza impegnativa, ma spero divertente - ha aggiunto Baggio - sapremo mercoledì se tutto andrà in porto. Il mio ruolo? Ci sono tanti settori di cui si deve occupare il settore tecnico, però ci vuole un pò di tempo e bisogna capire tante cose». In merito ad eventuali poteri decisionali che Baggio riceverà una volta investito della carica federale, l'ex "codino" non ha preferito sbilanciarsi: «non lo so ancora - ha concluso lasciando la sede della Federcalcio, in via Allegri - Aspetto mercoledì la certezza e poi vedremo».
«Quello di Roberto Baggio al settore tecnico sarà un ruolo attivo e operativo: non sarà un uomo immagine» ha spiegato il presidente dell'Assoallenatori, Renzo Ulivieri, dopo l'incontro in federcalcio con l'ex campione azzurro. «Il suo lavoro sarà impegnativo e faticoso, avrà potere su tutto quello che riguarda il settore tecnico ma chiaramente non influirà sulla gestione delle nazionali» (Il Corriere della Sera).

3 agosto 2010
«In federazione mi divertirò, perché lavorerò un sacco. Non voglio mica stare qui come le belle statuine, eh?». Ieri pomeriggio a Roma Roberto Baggio non ha fatto dribbling con le parole. E senza dribbling gli ha risposto il presidente della Figc Abete: «Da lavorare qui ce n' è, eccome». Il matrimonio si farà domani, nel consiglio federale: il fuoriclasse più etereo, svanito dal giorno del ritiro - Milan-Brescia, 16 maggio 2004- nella nuvola dell' autoesilio, sarà il presidente del settore tecnico federale, che è come dire il nume tutelare del calcio italiano in disgrazia. L' ex tutto - ex Pallone d' oro, ex ragazzo prodigio del Vicenza, ex folletto della Fiorentina, ex genietto della Juve, ex incompreso del Milan, ex Lazzaro del Bologna, ex voto dell' Inter, ex saggio - finalmente non è più un ex. A 43 anni, lui calciatore di club dalla carriera abbastanza nomade, torna nella casa naturale di Coverciano: tra tutte le maglie indossate quella azzurra gli è rimasta appiccicata sopra ogni altra. Nona caso l' imminente nomina ha riscosso consensi trasversali, da Mazzolaa Riva, dal presidente uscente del settore federale Vicini alla campionessa olimpica della scherma, Valentina Vezzali: «I grandi campioni di ogni sport possono dare tanto». Un mese fa, nel pieno del rovello dopo la batosta del Mondiale sudafricano, il presidente dell' associazione allenatori Ulivieri contattò Baggio: «La scelta, per statuto, spettava a me, di concerto col presidente federale, così proposi Roberto». Ieri è arrivata la chiamata a Roma. Le due ore di colloquio con Abete, alla presenza del direttore generale Valentini e dello stesso Ulivieri, hanno chiarito che Baggio (ufficialmente a rimborso spese, come i predecessori) non sarà un uomo immagine. Al settore tecnico fanno capo 5 sezioni (la scuola allenatori, il centro studi, il reparto medico, lo sviluppo tecnico giovanile e scolastico, il laboratorio di metodologia dell' allenamento) e il presidente è anche il mediatore tra il lavoro di campo e quello politico dei dirigenti. La Figc del dopo-Sudafrica cerca una miscela tra l' esperienza dei politici sportivi e gli ex campioni simbolo della Nazionale (in Italia per lungo tempo c' era il solo Riva, team manager dal 1987). Il calciatore al governo, sull' onda di Platini presidente Uefa, non è più un tabù e il modello vincente di altre federazioni - la Spagna con Hierro coordinatore tecnico federale, ad esempio - viene studiato con attenzione. Albertini, vicepresidente e responsabile del club Italia riorganizzato per la rifondazione azzurra, è atteso dalla nomina del cooordinatore delle nazionali tutte avranno un indirizzo tattico e organizzativo univoco, dall' Under 21 in giù (ballottaggio Sacchi-Antognoni) - dall' organigramma del club Italia (osservatorie scoutinga livello giovanile sono da anni l' anello debole) e dal nuovo regolamento. Si ipotizzano altri ingressi di ex azzurri (Di Biagio), mentre tra gli osservatori del neo ct Prandelli per la Nazionale ci sarà Cabrini e per altri incarichi si parla di Rivera e Bergomi (settore giovanile) e soprattutto di Maldini, la cui vocazione naturale sarebbe l' ambito internazionale. Intanto Baggio è uscito dalla nuvola: la folgorazione, pare,4 mesi fa, da ospite in tribuna al Camp Nou per Barcellona-Arsenal, quarto di finale di Champions e trionfo di Messi. Poi l' iscrizione al corso di terza categoria di Coverciano. Il nuovo presidente del settore tecnico avrà anche il patentino: non si sa mai (Enrico Currò, La Repubblica).

Dopo Roberto Baggio, anche Gianni Rivera è pronto ad assumere un incarico in Figc. L'ex 'golden boy' spiega il tutto ai microfoni di Radio Kiss Kiss Napoli: "In Federazione avevano ruoli da riempire ed hanno trovato me, Sacchi e Baggio disponibili per rilanciare un progetto per il miglioramento qualitativo del calcio guardando soprattutto ai giovani che rappresentano il nostro futuro". Rivera ha accettato l'incarico nella speranza di poter cambiare qualcosa, e spera di poter contare sull'aiuto di uomini d'esperienza come Massimo Giacomini, attuale presidente del Settore giovanile e scolastico della Figc: "Non vado in Federazione per fare la comparsa. Spero innanzitutto che Giacomini accetti di rimanere perché abbiamo bisogno del contributo di tutti, alle volte bisogna voltare pagina sperando anche di migliorare le cose. Proverò a cambiare qualcosa, il sistema calcio però è complicato. Però molto dipende dai club professionistici che vogliono risultati immediati privilegiando la scelta di giocatori già fatti rispetto a giovani da formare" (La Repubblica).

La nuova carica lo fa quasi sorridere: "Io presidente? È stranissimo essere chiamato presidente". Eppure da Roberto Baggio il calcio italiano si aspetta impegno serio e grandi cose. Prossimo alla nomina ufficiale di presidente del settore tecnico della Figc, l'ex codino ha risposte alle domande in un'intervista trasmessa dal Tg1. "Sogno che il calcio italiano possa tornare ad avere talenti importantissimi. Ma occorre credere nei giovani perché sono il futuro, bisogna dare tutto quello che abbiamo dentro per farli crescere bene" (La Gazzetta dello Sport).

C'era mancato il divin codino, il numero dieci italiano più famoso al mondo. Roberto Baggio sta per tornare, dalla porta principale, pronto ad andare a ricoprire il posto che per tanti anni aveva occupato Azeglio Vicini, quello della guida del settore tecnico di Coverciano. L'ufficialità arriverà solo domani, quando si riunirà il Consiglio Federale, ma è tutto deciso, perché mancava solo la sua disponibilità e quella è arrivata ieri. Di Baggio se ne era già parlato a fresca eliminazione degli azzurri dai mondiali, ieri l'incontro in via Allegri, davanti al presidente della Figc, Giancarlo Abete e quello dell'Assoallenatori, Renzo Ulivieri, che Baggio lo ha anche allenato quando era a Bologna. Al termine del summit Roby ha sciolto gli ultimi dubbi sulla sua disponibilità, dichiarandosi pronto a salire sulla barca: «Ho dato il mio assenso, da parte mia c'è la massima disponibilità a ricoprire il ruolo di presidente del settore tecnico di Coverciano. Adesso però devo aspettare il Consiglio Federale». Dopo Prandelli un altro giovane incastro, Baggio avrà il difficile compito di rilanciare il calcio italiano. «Avrà potere su tutto quello che riguarda il settore tecnico, ma chiaramente non influirà sulla gestione delle nazionali», il commento di Renzo Ulivieri a fine incontro. In soldoni, funzioni di istruzione, formazione, abilitazione, inquadramento ed aggiornamento dei tecnici. Una scelta approvata dal vicepresidente federale, Mario Macalli, condita però da piccanti suggerimenti: «Baggio può dare tanto alla Federazione, ha una grande immagine ed è conosciuto in tutto il mondo. Speriamo che possa calarsi in questa realtà e che d'ora in poi lasci a casa il procuratore, che il mondo federale è un'altra cosa». Poi l'affondo all'Assoallenatori, e a Ulivieri in particolare, che secondo Macalli è stato il grande burattinaio dietro l'investitura del Codino: «Abete è il presidente e non è più possibile che la nomina avvenga di concerto con l'assoallenatori. Quando è uscito il nome di Baggio non è stato Abete a farlo ma qualcun altro... ».  La notizia del cambio di guardia a Coverciano non ha colto di sorpresa neanche Vicini che, nonostante non abbia ancora ricevuto il benservito dalla Figc, ha espresso solo parole di stima sull'ex attaccante azzurro: «Non ho avuto nessuna comunicazione dalla Figc ma Baggio è una persona di grande prestigio quindi la Federcalcio fa bene a puntare su di lui». Stava studiando per fare l'allenatore, adesso il campo lo vedrà molto poco: «Sarà un'esperienza impegnativa, ma spero divertente - ha aggiunto il Codino -. Il mio ruolo? Ci sono tanti settori di cui si deve occupare il settore tecnico, però ci vuole un po' di tempo e bisogna capire tante cose». Ci sarà da rifondare, decidere e cambiare. Di certo non andrà a girarsi i pollici, sarà dura, anche se Ulivieri è pieno di certezze: «Quello di Roberto Baggio al settore tecnico sarà un ruolo attivo e operativo: non sarà un uomo immagine. Il suo lavoro sarà impegnativo e faticoso» (Simone Di Stefano, L'Unità).

4 agosto 2010
Roberto Baggio presidente del settore tecnico, Gianni Rivera presidente del settore scolastico e Arrigo Sacchi responsabile delle nazionali giovanili e coordinatore delle Under. La Federcalcio ha ufficializzato le nomine di tre simboli del calcio italiano, che avranno il compito di risollevare il movimento nazionale dopo il fallimento al Mondiale sudafricano.
Baggio e Rivera i terreni di gioco li hanno impreziositi con una carriera degna del numero 10 che indossavano; Sacchi la storia del calcio italiano l'ha fatta dalla panchina, ma non per questo meno emozionante. Con il neo c.t. Cesare Prandelli formano un quartetto chiamato a un compito tutt'altro che semplice, ma decisamente stimolante. Baggio, Rivera e Sacchi: tre icone del calcio tricolore all'estero. La fantasia al potere, espressa da figure a loro modo controcorrente (La Gazzetta dello Sport).

8 agosto 2010
Baggio, Sacchi e Rivera per l'Italia. Zinedine Zidane per la Francia: miti delle rispettive nazionali chiamati al capezzale di due grandi del calcio europeo reduci da clamorosi flop sul campo conditi da atteggiamenti che hanno creato il disamore del pubblico. C'era da trovare una cura e le due federazioni hanno ragionato allo stesso modo, affidando l'operazione rinascita - ma anche operazione simpatia - ad alcuni dei loro miti più amati. E così, se la Figc ha deciso di nominare nei ranghi federali una nuova troika ad alta intensità azzurra per la rivoluzione post-Mondiale, la Francia ha scelto di demandare al suo campione più rappresentativo degli ultimi vent'anni il compito di spiegare ai futuri nazionali cosa significhi vestire la maglia Bleus (L'Unità).

5 settembre 2010
Abete ha "ingaggiato" campioni del passato (Rivera, Baggio) ed ex ct (Sacchi) non solo per un'operazione d'immagine, che dopo il flop mondiale forse era necessaria, ma anche per lavorare sodo su terreni (vivai, settore tecnico, nazionali, eccetera) dove indubbiamente eravamo indietro rispetto ad altre Nazioni. Interessante anche l'idea di Demetrio Albertini, vicepresidente federale, di creare squadre B dei club (come in Spagna, Inghilterra, eccetera) per dare la possibilità ai giovani di giocare in un campionato vero. Quello Primavera non basta più. Intanto, si scopre (leggendo Sport Week della Gazzetta) che molti vivai sono imbottiti ancora di stranieri: spicca al Brescia con 27 (chissà se lo sa Calderoli?), poi Milan (20), Lazio (12), Cesena (13), Chievo (23), Inter (19), Parma (17) e Roma (10) ... E' chiaro che per gli italiani in certi club non ci sono grandi occasioni per mettersi in evidenza. Ma le norme, attuali, lo consentono. Bisogna trovare solo il sistema di dare spazio a tutti, altrimenti per le Nazionali sarà sempre più dura (La Repubblica).

11 ottobre 2010
Dopo il flop ai Mondiali sudafricani, la Figc ha coinvolto nei propri progetti figure di spicco come Arrigo Sacchi, Gianni Rivera e Roberto Baggio. "Sono persone che hanno grande attenzione nei confronti della qualità, dell'organizzazione, del settore giovanile. Non sono uomini immagine - chiarisce Abete -. Sacchi segue costantemente l'Under 21 e le altre selezioni giovanili, sta svolgendo un lavoro a 360 gradi. Ha incontrato i rappresentanti dei settori giovanili delle società di Serie A e Serie B. Baggio e Rivera stanno mettendo a punto un piano per il rilancio del settore giovanile e delle scuole calcio. Si tratta di personaggi di primissimo livello ma non si può pensare che problemi strutturali vengano risolti in poco tempo. C'è qualità nel nostro calcio, ma c'è anche molto da fare. Bisogna prestare grande attenzione alle formazioni Primavera e alle squadre di Serie B: la federazione ha abbandonato la consuetudine di dare risorse alle leghe senza entrare nel merito delle politiche sportive" (La Repubblica).

13 marzo 2011
Roberto Baggio, presidente del settore tecnico, ha tenuto il cda a Coverciano: e ora chiede alla Figc 7,5 milioni di euro, per tre anni. Per fare cosa? Una maxiricerca sui giovani calciatori. Il problema è che non spetta a lui, il settore tecnico deve formare gli istruttori, i maestri del calcio. Dei giovani si occupa già il settore giovanile e scolastico, con Gianni Rivera, inoltre il Club Italia, con soli 170.000 euro a stagione, tiene uno scouting sui giovani azzurri. Improbabile quindi che, con le difficoltà di bilancio, Abete possa dire di sì Baggio. Semmai potrebbe spiegargli quali sono i compiti del settore tecnico (La Repubblica).

4 aprile 2011
La luna di miele fa Roberto Baggio e la Federcalcio è già finita? Il rischio c'è perché l'ex campione è pronto a dimettersi dalla presidenza del settore tecnico se non verrà accolto il suo piano. Ecco come stanno le cose: di recente Baggio, con il consiglio del settore tecnico, ha approvato un progetto dal costo di sette milioni di euro e che prevede, fra l'altro, anche uno studio sui giovani. Ma spetta al settore tecnico farlo? Ci sono già il settore giovanile e scolastico (presidente Gianni Rivera) e il Club Italia (presidente Demetrio Albertini) che si occupano dei vivai. Lo stesso Club Italia sta facendo uno scouting sui giovani azzurri. E allora? Forse Baggio non ha ben capito quali sono i compiti del settore tecnico che dirige: formare i maestri e gli allenatori di calcio, rilanciare Coverciano (dove si fa vedere raramente: non c'era nemmeno in occasione della visita di Michel Platini). Sarebbe il caso che Renzo Ulivieri, che ha voluto fare rientrare Baggio nel mondo del calcio, gli spiegasse quali sono i suoi compiti. Ora il piano del settore tecnico è allo studio di fattibilità, poi passerà all'esame del consiglio federale (forse già dopo Pasqua?): se dovesse essere bocciato (soprattutto per motivi economici), ecco che Baggio potrebbe dare le dimissioni. La sua carica (come quelle di Albertini e Rivera) d'altronde è onorifica: massimo, rimborsi spese. Ma sette milioni solo per il settore tecnico, pesano troppo sulle casse del calcio. Si vedrà. Intanto, tutto è fermo. Così come è molto probabile che domani, nella riunione convocata da Carlo Tavecchio, non si venga a capo di nulla per quanto riguarda la riforma dello statuto. In giugno, quindi, potrebbe arrivare il commissario ad acta nominato dalla Giunta Coni. Perché il diritto di veto penalizza, e in qualche caso anche paralizza, qualsiasi lavoro in Figc. Ma c'è chi non ha interesse ad abolirlo (Fulvio Bianchi, La Repubblica, Spy Calcio)

8 aprile 2011
Il piano di Roberto Baggio è custodito da ottobre dello scorso anno in una cassaforte di un notaio di Milano. Lì è stato depositato, e da lì, almeno per ora, non esce. Il settore tecnico è fermo: il suo presidente, Baggio appunto, rischia di dire addio alla Figc dopo nemmeno un anno (è stato nominato lo scorso 4 agosto). Il motivo? Problemi di budget, la richiesta di oltre 6 milioni di euro (per tre anni) e, soprattutto, uno sconfinamento su terreni che non appartengono, da statuto, alla "mission" del settore tecnico (vedi uno studio sui giovani calciatori) ma ad altri organismi della Federazione. Ora è previsto uno studio di fattibilità, finanziato (50.000 euro) dalla Figc, poi tra tre mesi il consiglio federale deciderà che fare. Il rischio è che si arrivi ad un divorzio con Baggio. Il procuratore dell' ex campione, Vittorio Petrone, sostiene, in riferimento a quanto scritto da Repubblica ieri, che «Baggio rimarrà molto sorpreso quando leggerà queste cose». L' ex campione rientrerà presto dal Sudamerica, poi ripartirà subito alla volta del Perù. Renzo Ulivieri, che riuscì un anno fa a farlo tornare nel mondo del calcio, l' ha cercato invano: «Ma nessun equivoco: il settore tecnico ha un regolamento, chi ne entra a far parte deve adeguarsi. Io stesso gli ho spiegato cosa fare». La Figc intanto aspetta e, come spiega il direttore generale Antonello Valentini, «si augura di non perdere un patrimonio come Baggio» (Fulvio Bianchi, La Repubblica).

È già finita, dopo appena otto mesi, la storia tra Roby Baggio e la Federazione? Nonostante le smentite - l'agente dell'ex fuoriclasse di Fiorentina, Juve e Milan, tra le altre, Vittorio Petrone esclude novità imminenti, «Ora è in Sudamerica, quando leggerà di questa storia ne resterà sorpreso» -, il grande Roby sarebbe pronto a rassegnare le dimissioni dalla sua carica di presidente del Settore tecnico della Figc, l'organo di servizio della Federazione che svolge funzioni di istruzione, formazione, abilitazione, inquadramento ed aggiornamento dei tecnici italiani. Baggio era stato nominato presidente il 4 agosto. L'inquadramento di Roby nell'universo federale aveva fatto scalpore: era un ritorno al calcio del grande campione che, dopo aver smesso nel 2004, aveva costantemente rifiutato incarichi, clamorosi ritorni, nuove collocazioni all'interno del «suo» ex mondo. Semplicemente, Baggio aveva vissuto la vita dell'ex tra il Veneto e l'Argentina: rarissime interviste, un'idea molto vaga di tornare, ma per allenare. Poi ad agosto, dopo il disastro sudafricano, Abete punta a un rinnovamento globale nei posti chiave in Figc: Gianni Rivera viene nominato presidente del settore giovanile e scolastico, Arrigo Sacchi coordinatore tecnico delle nazionali giovanili, dalla under 16 alla under 21. Roberto Baggio, a sorpresa, torna col ruolo di presidente del Settore tecnico. In occasione della prima partita casalinga della Nazionale di Cesare Prandelli, a settembre contro le Far Oer, a Firenze, il quadretto in tribuna d'onore al Franchi è perfetto: Baggio, Rivera, Sacchi e Albertini (il presidente del Club Italia), tutti insieme. Il senso è evidente: il calcio italiano vuole dare un'immagine nuova di sé. Basta ai burocrati, spazio a volti riconoscibili, a tre veri miti, tre grandissimi. Il problema di Baggio però è l'inesperienza e la cattiva conoscenza delle regole federali, oltreché, probabilmente, la grande ambizione. Nel momento del suo insediamento l'ex Codino aveva proposto un ambizioso progetto finalizzato a promuovere la valorizzazione dei giovani talenti italiani. Nel progetto c'era anche l'idea di supervisionare ed analizzare ben 60.000 partite. Bene, ma che c'entra col suo ruolo tutto questo? Il settore giovanile e scolastico è «presidiato» da Rivera. Baggio dovrebbe interessarsi solo di promuovere la formazione dei giovani allenatori. Le difficoltà di attuazione del piano-Baggio sarebbero connesse anche ai costi necessari per rendere operativa l'iniziativa proposta, che si agirerebbero intorno ai sette milioni di euro. Una mancanza clamorosa di comunicazione tra Baggio e la Federazione che avrebbe messo l'ex campione nelle condizioni di non poter proseguire la sua avventura: le dimissioni, pur non confermate, sarebbero già al vaglio del presidente federale Abete. Un brutto modo di concludere un'avventura inziata con splendide intenzioni e proseguita molto male. Baggio non ha praticamente mai partecipato alla vita delle Federcalcio. Inoltre, si sussurra, contravvenendo all'idea primigenia del contratto a «zero euro» stipulato ad agosto, Baggio avrebbe chiesto alla Figc un milione di euro per un contratto d'immagine. Infine, anche l'inserimento di Vittorio Petrone nei quadri del settore tecnico federale aveva alienato a Baggio qualche simpatia in via Allegri. Ora siamo ai titoli di coda: per l'ennesima volta la storia di Roby con l'azzurro non avrà un lieto fine (L'Unità).

5 maggio 2011
Un passo indietro: l'ex campione Roberto Baggio, nominato da Abete presidente del settore tecnico, ha intenzione di rinunciare ad alcune cose che aveva chiesto nel suo programma, soprattutto all'ipotesi che fosse il suo settore tecnico a fare un monitoraggio (pare costoso) su tutti i giovani calciatori. Lo scouting compete invece al settore giovanile e al Club Italia, che lo stanno già facendo anche per i giovani azzurrini. Baggio quindi avrebbe capito quali sono le competenze del settore tecnico e avrebbe intenzione di concentrarsi di più su Coverciano, la Casa della Federazione, curando la formazione degli allenatori e dei maestri del calcio. Compito essenziale per poter crescere. La Figc ci tiene a non perdere uno come Baggio: a giugno sarà terminato lo studio di fattibilità e verrà presa una decisione. Sperando che Baggio-dopo aver chiarito compiti e regole- possa rimanere, e, soprattutto, sia un po' più presente. Visto che il settore tecnico, dall'agosto ad oggi, ha fatto ben poco. O forse, quello che è stato fatto, non è stato ancora pubblicizzato (La Repubblica).

16 ottobre 2012
Il caso, a volte, mostra di avere senso dell’umorismo. Lui che è sempre stato un numero uno, stavolta arriva per ultimo e si siede in ultima fila. Quando viene notato, però, sono tante le persone che si voltano e lo indicano con un cenno del capo. Nessuna sorpresa. Roberto Baggio è una fetta di storia del calcio che s’incarna all’improvviso nei saloni di Palazzo Marino, la sede del comune di Milano, per essere in qualche modo anche lui protagonista nella cerimonia di benvenuto che il sindaco Pisapia e la Figc ha organizzato per la delegazione danese guidata dal presidente federale Hansen.
A rito concluso, l’ex Pallone d’Oro, accompagnato dal suo amico e manager Vittorio Petrone, non fa dribbling a nessuno, spendendo parole e sorrisi per tutti, da Abete a Galliani passando per un compagno di cento partite come Albertini. Ma Baggio non è solo un'icona calcistica da venerare. Dall’agosto del 2010, dopo il flop del Mondiale sudafricano, è stato infatti nominato presidente del Settore Tecnico della Federcalcio perché aiutasse quella ricostruzione di cui si sentiva fortemente bisogno. Ma il silenzio che è sceso intorno a lui ha fatto venire cattivi pensieri, che lo stesso Baggio spiega così. "A dicembre dello scorso anno abbiamo consegnato alla Figc il progetto su cui stavo lavorando, ovvero la formazione dei formatori. Alla luce della mia esperienza nel calcio, infatti, ho capito che la filiera che parte dal vertice e arriva alla cura dei giovani del nostro calcio, non poteva prescindere da un discorso sulla modernizzazione del settore tecnico. Ma sono passati dieci mesi e sono ancora in attesa di una risposta. E non nascondo di essere anche un po’ deluso".
Si capisce subito che solo la diplomazia gli impedisce di dire di più. "I fondi sono stati stanziati, ma finora è stata fatta solo un'iniziativa in Toscana, gratuita e riuscita molto bene, a cui hanno partecipato diversi club come Pisa e Pontedera. Poi più nulla. Veti politici? Non lo so, non voglio entrare in merito. Stavolta, però, i club non c’entrano nulla". Istruzioni per l’uso. La delusione di Baggio non coglierà di sorpresa la Figc, perché sembra che il presidente del settore abbia già mandato due lettere in via Allegri sull’argomento. E i sussurri federali raccontano come abbia ricevuto anche delle risposte abbastanza piccate, che forse fanno presagire baruffa per l’immediato futuro.
Baggio però non preme ulteriormente l’acceleratore, preferendo virare sulla Nazionale. "È una squadra che sta migliorando. Sta facendo esperimenti, ma può crescere in fretta. I talenti d’altronde non mancano. Le polemiche? Purtroppo quelle, insieme alle pressioni, ci saranno sempre, ma per cacciarle via il migliore modo è sempre lo stesso: fare risultati". Quando si arriva ai saluti, ci dà appuntamento a San Siro per il match serale spendendo anche una parola sul campionato. "Juventus e Napoli finora hanno dimostrato di avere qualcosa in più". Baggio sorride. Intanto uno degli uscieri di Palazzo Marino che gli porge il giaccone gli sussurra trepido: "La ringrazio per tutte le emozioni che mi ha regalato". Gli occhi del vecchio ragazzo per un attimo si illuminano. Le malinconie federali, forse, adesso pesano un po’ meno (Massimo Cecchini, La Gazzetta dello Sport).

18 ottobre 2012
Una lettera privata del presidente della Figc Abete a Roberto Baggio, presidente del settore tecnico di Coverciano, sarà la risposta della Federazione alle perplessità dell' ex fuoriclasse sul congelamento del progetto da lui presentato nel dicembre 2011 per la creazione sull' intero territorio italiano di nuovi centri federali per allenatori e per lo scouting dei giovani. La crisi latente con l' ex Pallone d' oro potrebbe dunque essere ricucita da Abete, che intende evitare lo strappo con uno degli uomini simbolo del calcio italiano, scelto assieme a Sacchi e Rivera per il rilancio del movimento, dopo l' infelice Mondiale sudafricano. Baggio, entrato in federazione nel dicembre 2010, presentò al consiglio federale del dicembre 2011 un corposo progetto di 890 pagine, dal titolo "Rinnovare il futuro", il cui cardine è appunto la creazione di nuovi centri federali per la formazione di maestri di calcio, sull' onda delle esperienze di Germania, Spagna, Francia e Inghilterra. La Figc ha stanziato 10 milioni di euro per la realizzazione del piano. «Io aspetto ancora una risposta, ma sono fiducioso: non sono un politico, ma un uomo di campo, pragmatico», ha detto Baggio, accusato di non avere partecipato agli ultimi consigli federali. La lettera di Abete è la prossima mossa (Enrico Currò, La Repubblica).

23 gennaio 2013
Roberto Baggio non è più nel settore tecnico della federazione. "Lascio perchè non mi hanno permesso di lavorare", spiega l'ex fuoriclasse al Tg1, motivando l'addio alla Figc. Si chiude quindi con frasi dure, polemiche, l'esperienza cominciata nel 2010, dopo la deludente avventura della Nazionale ai Mondiali in Sudafrica.
"Non ci tengo alle poltrone. Ho provato a esercitare il ruolo che mi era stato affidato, per rinnovare le fondamenta della formazione, dai bambini e i ragazzi, per crescere buoni calciatori. Non mi è stato consentito e non sono più disposto ad andare avanti. Ho presentato il mio progetto nel dicembre 2011, 900 pagine, ed è rimasto lettera morta", spiega Baggio. 
Circa la scarsa assiduità alle riunioni del Consiglio federale che gli viene fatta notare: "Come presidente del settore tecnico non avevo diritto di voto e non aveva senso andare alle riunioni in cui si parlava di argomenti che non avevano alcun collegamento con il mio lavoro. Faccio un esempio, quando ho presentato il programma ho fatto cinque ore di anticamera per essere ricevuto poco più di 15' per presentare il progetto al quale avevano lavorato circa cinquanta persone". 
Il tutto nonostante la Figc credesse nella scelta: "Aveva anche stanziato 10 milioni di euro, sono grato ad Abete per quello che ha fatto ma ad oggi non ho ricevuto alcun fondo per procedere e tutto è rimasto sulla carta. Per questo a malincuore dico addio. Definitivo? Amo il calcio e il mio Paese, resto a disposizione per qualsiasi iniziativa" (La Repubblica).

Roberto Baggio non è più il presidente del settore tecnico della Figc. Lo ha annunciato lo stesso giocatore, in un'intervista al Tg1, lamentando di non esser stato messo nelle condizioni di lavorare. Baggio ricopriva l'incarico dal 4 agosto 2010.
Baggio, al Tg1, ha spiegato: "Ho provato a esercitare il ruolo che mi era stato affidato, non mi è stato consentito e non sono più disposto ad andare avanti. Ho lavorato per rinnovare la formazione dalle fondamenta, creare buoni calciatori e buone persone. Ho presentato il mio progetto (contenuto nel libro Rinnovare il futuro, ndr) nel dicembre 2011, 900 pagine, ed è rimasto lettera morta. Non amo occupare le poltrone, ma fare le cose, quindi a malincuore ho deciso di lasciare". A chi fa notare che non ha partecipato in maniera assidua alle riunioni del Consiglio federale, replica: "Come presidente del settore tecnico non avevo diritto di voto e non aveva senso andare alle riunioni in cui si parlava di argomenti che non avevano alcun collegamento con il mio lavoro. Faccio un esempio, quando ho presentato il programma ho fatto cinque ore di anticamera per essere ricevuto poco più di 15' per presentare il progetto al quale avevano lavorato circa cinquanta persone". E' un addio definitvo? "Amo il calcio e il mio Paese - conclude - Sono disponibile per qualunque iniziativa per il bene dello sport" (La Gazzetta dello Sport).

24 gennaio 2013
"Caro Roberto, sei stato tu a perdere un'occasione''. E' questa la sintesi della lettera aperta scritta oggi dal presidente del Club Italia, Demetrio Albertini, a Roberto Baggio, che ieri ha annunciato le sue dimissioni dalla guida del Settore tecnico della Federcalcio. ''Partendo dal presupposto che nel calcio italiano ci sia molto da fare - scrive Albertini - ritengo che con la tua scelta hai perso l'occasione di far parte del cambiamento che, chi come noi ha vissuto il campo, può dare dall'interno del sistema, sulla base della nostra personale esperienza'', è la replica dell'ex centrocampista del Milan.
Pur rispettando la decisione di Baggio, nel suo messaggio Albertini sottolinea la necessità di fare sistema all'interno del Consiglio federale. ''L'organo rappresentativo di tutte le componenti del calcio italiano, nel quale, con o senza voto, tutti abbiamo il dovere di garantire la nostra presenza" - scrive l'ex milanista -, "alimentare un dibattito creativo, rappresentare le nostre idee e trovare una posizione organica e condivisa per arrivare a quelle decisioni necessarie ad incidere sul futuro''.
Il presidente del Club Italia ricorda, poi, a Baggio che si vince solo con ''il mix tra il contributo delle figure più esperte e l'entusiasmo tipico dei giovani'', dovendo inoltre garantire nel tempo quella ''costanza necessaria per sostenere il cambiamento in cui crediamo''. 
Sperando in un ritorno di Baggio, ma ''in prima persona'' all'interno della Figc, ''secondo le modalità e i tempi che ti saranno più opportuni'', Albertini conclude con un sincero ''In bocca al lupo per tutto quello che vorrai fare ed essere'' (Repubblica: la lettera di Albertini è ripresa, senza ulteriori dettagli, anche dagli altri giornali)  

24 gennaio 2013
Roberto Baggio lascia la Federcalcio dopo quasi due anni e mezzo alla guida del settore tecnico. Le dimissioni ufficializzate ieri aprono le domande sul futuro dell'ex fantasista: tra i rumors, anche la possibilità di affiancare Pep Guardiola - suo amico dai tempi del Brescia - sulla panchina del Bayern Monaco. Un'ipotesi suggestiva presa in considerazione anche dai bookmaker esteri, in particolare dalla sigla anglo-svedese Unibet, che offre questa possibilità a 5 volte la posta. Baggio è secondo dietro Raul (al momento avanti a 1,75) e davanti a Luis Enrique (10,00) (Agipro News)

24 gennaio 2013
L'idea fu di Renzo Ulivieri, presidente dell'Assoallenatori, nel 2010, subito dopo il flop dei Mondiali del Sudafrica. Giancarlo Abete cercava nomi nuovi, possibilmente di prestigio, da inserire (gratuitamente, massimo rimborso spese) in settori-chiave della Figc. Ecco quindi, Gianni Rivera al settore giovanile e scolastico (ottimo lavoro in due anni), ecco Arrigo Sacchi al Club Italia con Demetrio Albertini (e l'ex ct ci ha messo entusiasmo, impegno, competenza). Ed ecco che Ulivieri suggerisce il nome di Robi Baggio per Coverciano: il settore tecnico, la scuola che deve formare non solo i nuovi allenatori ma i maestri del calcio, quantomai utili di questi tempi anche per le squadre giovanili. Abete accetta con entusiasmo e lo nomina il 2 agosto 2010: Baggio, 45 anni, un grande campione che ha smesso nel 2004 ma è ancora amatissimo dai tifosi. La persona giusta per rilanciare Coverciano, la Casa del calcio, ammiratissima anche all'estero. Ora Baggio si è dimesso. Con polemica. Il suo "matrimonio" con la Figc è stato sempre pieno di ostacoli, e incomprensioni. Subito un intoppo: Baggio pesta i piedi al Club Italia, diretto dall'altro ex campione Demetrio Albertini, e al settore giovanile. Sì, perché Robi suggerisce lo scouting, la ricerca di talenti, più che la preparazione e la formazione dei tecnici. Insomma, invade territori altrui. Poi propone un piano da 10 milioni di euro (poi ridotto a tre milioni per quattro anni) al consiglio federale, ma ci sono molti dubbi da parte di Tavecchio, Macalli e gli altri. Coverciano, insomma, non decolla mai ed ecco che Baggio al Tg1 ieri sera annuncia le sue dimissioni. "Lascio la Figc, non mi hanno fatto lavorare. Il mio progetto è stato ignorato". Parole forti, una critica diretta al Palazzo di Via Allegri, a Roma, dove l'hanno visto in questi due anni e mezzo ben poche volte. "Non mi sento utile, io privilegio il lavoro e non la poltrona. Meglio andar via". La replica di Abete è sin troppo garbata: "Sapevo che avrebbe lasciato. Non sentiva suo quel ruolo dirigenziale". E poi aggiunge: "Inoltre per gli impegni internazionali e perché non si sentiva gratificato, non ha mai potuto dedicare molto tempo alla sua attività". Il presidente federale poi ha precisato che ''il progetto elaborato con l'ausilio di consulenti esterni (Petrone e Bacconi, ndr) era stato discusso in Consiglio federale e modificato: in principio era finalizzato allo scouting di calciatori, ma quello spetta al Club Italia e ad Arrigo Sacchi. A Baggio spettava la formazione dei tecnici. Il Consiglio federale ha concordato le modifiche e stanziato i soldi, che ci sono e non sono un problema. Ma poi era il settore tecnico a dover dare seguito, con la Lega Dilettanti, per la nascita di centri federali in tutte le regioni. E invece si è fermato lì, non ha fatto il secondo passo. Evidentemente per una scelta di Baggio''. Sul ruolo del manager dell'ex, Vittorio Petrone, Abete ha spiegato: ''Abbiamo sempre parlato con Baggio e con Petrone, anche perché farlo con il primo senza il secondo non era possibile: ma era chiaro e naturale che lui avesse un rapporto di fiducia, preferenziale, con Petrone. Lo ha sempre seguito passo passo''. Per il futuro il presidente non chiude la porta a Baggio: ''Il nostro auspicio è che se non fa scelte diverse, ci possa ancora essere spazio per collaborazioni spot, su progetti mirati''. E Albertini gli ha scritto una lettera aperta: "Caro Robi, hai perso un'occasione. Se vuoi tornare le porte sono aperte, ma in prima persona...". Chiaro, no? Niente tutori.Ma chi l'ha visto Robi Baggio in questi anni? In effetti a Coverciano è andato molte volte ma soprattutto per fare il corso per allenatori. E alle elezioni di Giancarlo Abete (14 gennaio) era fra i pochi assenti. Dov'è Baggio si erano chiesti molti dirigenti federali? In Patagonia, a caccia di anatre. La sua passione (in Argentina ha terre e case). D'altronde a Roma l'avevano visto poco anche in consiglio federale, pare tre volte in 23 riunioni, dove ha (aveva) la possibilità di partecipare pur senza diritto di voto. "Inutile andare", la sua replica. Quando ha presentato il suo progetto ("15 minuti dopo 5 ore di anticamera e poi è rimasto lettera morta") ha preferito fare parlare soprattutto Petrone e Bacconi. Cosa che non era piaciuta in Figc, così come aveva sconcertato, e non solo in Figc, il fatto che Baggio a dicembre aveva nominato tecnici "ad honorem" tutti i componenti del consiglio del settore tecnico. Quindi Marotta (potrebbe andare in panchina come secondo di Conte), l'ex arbitro Trentalange (conosce bene le regole del calcio, certo, ma è meglio che non alleni...), il dottor Castellacci (che in panca ci va già come medico della Nazionale di Prandelli) ed ovviamente il suo manager Petrone che la Figc aveva accettato di fare entrare nel consiglio di Coverciano, facendo storcere la bocca a molti. Un favore a Baggio, insomma. Ripagato così... Robi ora farà l'allenatore, cominciando probabilmente da una grossa squadra. E Abete, d'intesa con Ulivieri (così prevedono le norme Figc) cercherà un altro presidente del settore tecnico. Scartate l'ipotesi Antognoni e Maldini. Sacchi sta bene dov'è, al Club Italia. Dino Zoff sarebbe un nome giusto, molto stimato in Figc anche da Antonello Valentini: ma avrà voglia di farlo? Avrà tempo? Non basta il nome. Rivera, Sacchi, Albertini insegnano. E Dino è una persona seria, se si impegna è per lasciare un segno (Fulvio Bianchi, Repubblica, Spy Calcio).

25 gennaio 2013
Non mi è piaciuto l’addio di Roberto Baggio al calcio federale. Ha detto di aver avuto un ruolo in cui non poteva fare niente. Sarebbe stato solo vittima mentre in realtà aveva il massimo ruolo di controllo e progettazione tecnica nel calcio del paese. Ha prodotto in compenso un progetto di novecento pagine che lo ha assorbito completamente fino a non fargli svolgere nemmeno i compiti di rappresentanza. Leggo che chi ha visto il suo progetto lo ha giudicato follemente costoso, dieci milioni, e fuori dai compiti di un settore tecnico.
Era chiaro da un pezzo che Baggio era fermo sull’Isola che non c’è. La sua assenza dalla parte attiva della gestione era ormai rumorosa. Nei due anni in cui è rimasto in carica viene da dire sia riuscito solo a prendere per sè il diploma di allenatore di prima categoria, mettendosi lui presidente nei corsi degli allievi tecnici, diventando cioè uno di loro in modo molto improprio. Chi lo ha esaminato era in pratica un suo dipendente. Bastava aspettasse un anno e dopo le dimissioni tutto sarebbe stato regolare. Così non è stato.
Auguro a Baggio le migliori fortune nel campo tecnico, se le merita. Ma non so se ce la farà. Non è abituato a una responsabilità controllata, a lottare per un fine, a essere disponibile all’impopolarità per raggiungere l’obiettivo. Questo è il vero limite dei grandi campioni. Restano sull’Olimpo, fuori non sanno affrontare il freddo. Tre partite perse da allenatore e tutta la gloria da calciatore ritorna in discussione. Questo è vivere al momento. Questo è il rischio del fuoriclasse che Baggio non ha voluto correre nemmeno da dirigente. Buona fortuna altrove. Ma questa è stata una pessima figura
(Mario Sconcerti, Il Corriere della Sera, 'Lo sconcerto quotidiano').

25 gennaio 2013
«Sicuramente tanta amarezza perché le premesse erano altre e c’era davvero la possibilità di innovare il calcio italiano dalla base». Non nasconde la delusione il pisano Adriano Bacconi, tattico dell’Italia mundial di Lippi e per un anno braccio destro di Roberto Baggio in Federcalcio, dopo le dimissioni del «Divin Codino» dalla presidenza del settore tecnico. Unita, però, alla convinzione che «quel grandissimo lavoro di studio, analisi e approfondimento non andrà perduto dato che la Pisa Soccer School, il centro di studi e formazione sportiva e calcistica per operatori e allenatori di base, che abbiamo fondato all’ombra della Torre s’ispira completamente a quella metodologia di lavoro e, a questo punto, è destinato diventare un progetto pilota unico in Italia grazie anche alla collaborazione con lo stesso Baggio».
Le prossime mosse saranno finalizzate a dotare la struttura di una struttura stabile in cui svolgere attività: «Il sogno – spiega Bacconi – è San Rossore e per questo abbiamo una discussione in corso con il Parco per capire quali delle nostre attività possono essere svolte sul territorio della tenuta». Per tutte le altre, invece, ci sarebbero gli impianti sportivi di San Giuliano Terme, una vera e propria cittadella dello sport dotata anche di piscina e campi da tennis: «Ne stiamo parlando con la Limonta, che ha preso in gestione l’impianto, ma penso che trovare un accordo non dovrebbe essere impossibile». Nel frattempo la Soccer School fa scuola: ieri, infatti, si è conclusa la tre giorni di formazione rivolta ai tecnici e giovani calciatori della Juventina Palermo, condotta dal pisano Andrea Dolcimascolo, allievo del primo corso organizzato dal centro fondato da Bacconi e dai suoi collaboratori (La Nazione).


* * *

Dallo Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio
Art. 14
Settore tecnico
1. La FIGC svolge direttamente attività di studio e di qualificazione per la diffusione e il miglioramento della tecnica del giuoco del calcio. A tal fine si avvale di un apposito Settore tecnico, dotato di autonomia organizzativa e di scelte gestionali, sotto il controllo amministrativo preventivo e consuntivo della FIGC, nel rispetto delle compatibilità di bilancio e dei regolamenti federali.
2. Al Settore tecnico è preposto un Presidente, nominato dal Consiglio federale per un quadriennio, sulla base di un programma per obiettivi, su proposta del Presidente federale e d’intesa con il Presidente dell’associazione rappresentativa dei tecnici. Il Presidente del Settore tecnico è responsabile di fronte al Consiglio federale del funzionamento del Settore e del perseguimento degli obiettivi programmatici determinati all’atto della nomina e sottoposti a verifica biennale. A tale scadenza, il Consiglio può eventualmente provvedere alla nomina di un nuovo Presidente.
3. Il Consiglio direttivo del Settore tecnico è nominato dal Presidente Federale per un quadriennio ed è composto da un rappresentante designato da ciascuna Lega, uno designato da ciascuna Componente Tecnica, uno designato dall’AIA, uno designato dal Settore per l’attività giovanile e scolastica, uno in rappresentanza dei direttori sportivi, uno in rappresentanza dei preparatori atletici, uno in rappresentanza dei medici sportivi, nonché dal Commissario tecnico della nazionale e da due esperti indicati dal Presidente federale, d’intesa con il Presidente del Settore tecnico, sentito il Presidente dell’associazione rappresentativa dei tecnici.
4. Il Settore tecnico è la struttura tecnica federale con competenza nei rapporti internazionali nelle materie attinenti la definizione delle regole di giuoco e le tecniche di formazione di atleti e tecnici. Il Settore tecnico svolge attività di ricerca, formazione e specializzazione in tutti gli aspetti del giuoco del calcio e dei fenomeni sociali, culturali, scientifici ed economici ad esso connessi.

A Istanbul sarà una battaglia

22 gennaio 1963, Istanbul

La comitiva milanista è arrivata a Istanbul; domani sera è in programma la gara di andata dei quarti di Coppa dei Campioni contro il Galatasaray. Testa a testa inedito, e match non propriamente di cartello, anche se la torcìda locale è in attesa spasmodica. Il Milan non attraversa un momento brillante; la sconfitta patita domenica a Venezia (1:2) ne è testimone - sebbene l'esito possa essere ribaltato 'a tavolino' [vedi]. Il gioco appare lento, involuto; la difesa, nell'ultimo mese, tiene bene, ma davanti si fatica a concretizzare. I pareggi senza reti a Ferrara e a San Siro contro il Catania sono messi in conto all'abulìa di Altafini, all'immaturità di Fortunato, alla scarsa vena di Pivatelli. Quella di Venezia - salvo decisioni che si considerano peraltro scontate - sarebbe la quarta sconfitta in campionato: decisamente troppe per una squadra che desidera riconfermarsi. E così, mentre il duello in cima tra Juventus e Inter si arroventa, il Milan concentra energie e pensieri sull'avventura continentale.
Rocco dovrebbe reinserire Altafini e Barison, rimpiazzando Del Vecchio e Fortunato; è rimasto a casa invece Mario David, la cui capoccia evidentemente ancora ronza per l'impatto della bottiglietta di plastica caduta domenica dagli spalti del Penzo; si tratta però di una mossa mirata a ben disporre il giudice sportivo, che dovrà sorbirsi in lettura il referto di Lo Bello e qualche relazione medica abbastanza compiacente. Fuori anche Dino Sani, per i soliti problemi alla caviglia e alla schiena; il rigido inverno lombardo non lo aiuta a recuperare condizione e continuità.

I campioni di Turchia vantano in rosa gran parte dei pedatori che lo scorso dicembre hanno malamente sbracato a Bologna contro gli azzurri, nell'andata del turno di qualificazione per la Coppa d'Europa. Tra i migliori di giornata furono Maldini e, come si ricorderà, Rivera, autore addirittura di una doppietta [tabellino]. Nella circostanza, aveva particolarmente deluso il loro strombazzatissimo bomber, Metin Oktay (nella foto): alcuni rimembreranno la sua triste esperienza nel Palermo (dodici apparizioni, soli tre gol), nella stagione passata. I rossoneri dovranno tuttavia tenerlo d'occhio: tornato a Istanbul ha ripreso a furoreggiare elevandosi ben al di sopra della mediocrità generale che connota il football del Bosforo, e in Coppa ha già fatto piangere i portieri della Dinamo Bucarest e del Polonia Bytom. Oktay, soprannominato "re senza corona", è il beniamino della sterminata tifoseria del Gala. A soli 26 anni, ha già una dimensione leggendaria, e una media gol strepitosa (più di uno a partita), solo leggeremente incrinata dall'infelice avventura italiana. Costituisce il miglior elemento della squadra, insieme ai centrocampisti Mustafa e Kadri, entrambi stabilmente inseriti nel giro della nazionale della mezzaluna. Insomma, non sarà una passeggiata. Non a caso, Edmondo Fabbri accompagna la brigata rossonera: convinto che i turchi siano meno modesti di quel che è parso a Bologna, assaggerà l'impatto ambientale del Mithatpaşa, dove gli azzurri si recheranno il prossimo 27 marzo per archiviare (come si deve e si spera) la pratica.

Cesare Maldini appare leggermente preoccupato. Evochiamo la sua ilare reazione al sorteggio ("sono proprio contento di incontrare il Galatasaray, perché in Turchia non ci sono mai stato"), e lui risponde alzando le spalle ma senza allegria nello sguardo. Naturalmente, il Milan dovrà temere soprattutto il proprio scadimento di condizione, potenzialmente acuito dalle previste inclemenze atmosferiche, destinate  a limitare il gap tecnico esistente fra le due formazioni. Sul suo campo, il Gala ha liquidato con estrema facilità gli XI rumeni e polacchi (che non erano necessariamente sfavoriti alla vigilia del doppio confronto), mentre il Milan, nell'unica trasferta di spessore sin qui affrontata in questa competizione, ha sofferto alla lunga il ritmo dell'Ipswich di Alf Ramsey a Portman Road, cavandosela con discreta fortuna (e l'ausilio ripetuto dei legni) nonostante l'enorme vantaggio accumulato a San Siro. Ecco: dovessero ripetere - per atteggiamento tattico o per inerzia atletica - quella partita (catenaccio a oltranza, baricentro bassissimo) i rossoneri si complicheranno la vita. Confidiamo tuttavia nella saggezza di Viani e di Rocco, e nella classe di Altafini e Rivera. Pronostico: due a uno per i campioni d'Italia, e semifinale in cassaforte.

Mans

La Coupe des clubs champions européens 1962-1963

18 gennaio 1963

Siamo all'inizio del 1963 – esattamente cinquant'anni fa – e sta per cominciare la fase ad eliminazione della ottava edizione della Coupe des clubs champions européens. Come è noto, la competizione è stata avviata solo otto anni fa, nel 1955, per iniziativa del più blasonato giornale sportivo europeo, “L’Équipe”, che volle reagire alla maldestra presunzione della stampa inglese di voler incoronare i Wolverhampton Wanderers “campioni del mondo” solo perché nell'autunno del 1954 avevano battuto – in due amichevoli nel mitico Molineux – sia lo Spartak Mosca [HL] sia la Honved [programma | HL].

Gabriel Hanot, visionario della Coppa dei campioni
Ma c’è da capirli entrambi (albionici e galletti). I primi erano ancora sotto shock per averle buscate di brutto dall’Aranycsapat: 3:6 a Wembley nel novembre 1953 [FM] e 1:7 a Budapest nel maggio 1954 [HL]. Solo qualche giornalista illuminato, come il giovane Brian Glanville, si rese conto subito che sul football inglese, afflitto da “stupidity, short-sightedness, and wanton insularity”, si era manifestata la Nemesi e che i vecchi maestri erano stati ormai surclassati dagli allievi [vedi]; anche Willy Meisl – fratello del grande allenatore del Wunderteam, Hugo Meisl, e autorevole editorialista di “World Sports” – evidenziò come fosse ormai in corso una “soccer revolution” planetaria, con l’emersione di nuove forze e di nuove culture calcistiche [vedi]. Tant'è: alcuni nesci come David Wynne-Morgan, scribacchino del tabloid “Daily Mail”, avevano manifestato la propria frustrazione reagendo con iperboli entusiastiche al paio di vittorie casalinghe dei Wolves. Uno sproposito cui ha subito reagito lo sciovinismo gallico. D’altra parte c’è da capire anche i franzosi: si sono inventati tutte le grandi competizioni – le Olimpiadi con De Coubertin, la coppa Rimet, la coppa Henri Delaunay, il Ballon d’Or … – ma non hanno ancora vinto nulla: grandi organizzatori senza un movimento calcistico adeguato (e chissà quanto tempo dovranno ancora aspettare per alzare una coppa …). Frustratissimi, nonostante “Justo” Fontaine abbia fatto sfracelli fino all'anno scorso nello Stade de Reims, e Raymond Kopa si sia fatto valere nel grande Real Madrid.

Diamo dunque merito all'ennesima iniziativa dei cugini transalpini, e in particolare a Gabriel Hanot de “L’Équipe” che si è inventato la Coppa dei campioni [leggi il suo articolo manifesto del 15 dicembre 1954], presto fatta propria dalla UEFA per evitare una secessione dei maggiori club europei (guidati da quella potenza di Santiago Bernabeu …). In questo modo, negli anni appena trascorsi, ha preso corpo la più bella manifestazione della pedata europea (ergo mondiale). Finora dominata – come Nemesi vuole – dal calcio latino. Tutti abbiamo nella memoria la cinquina del Real (1956-1960) guidato da Alfredo Di Stéfano, Ferenc Puskás, Raymond Kopa, José Santamaría e Miguel Muñoz: chi l’ha vista, ricorda ancora la finale di nemmeno tre anni fa all’Hampden Park, trasmessa in Eurovisione dalla BBC: un terrificante 7:3 (con 3 gol di Di Stefano e 4 di Puskas) all'Eintracht Francoforte davanti a oltre 135.000 persone [FM]. Ad interrompere il filotto c’è voluta una vecchia volpe come Bela Guttmann che ha guidato il Benfica a due coppe consecutive: la prima contro il Barcellona, e quella dell’anno scorso all’Olympisch Stadion di Amsterdam contro il sempiterno Real. La ricorderete in molti, immagino [FM]: terminato il primo tempo in svantaggio 2:3, il Bela se ne è uscito negli spogliatoi con la frase “Abbiamo vinto: loro sono morti”: 5:3 finale ... infatti, grazie anche ad una doppietta del ventenne Eusebio. Poi sappiamo tutti come è andata a finire: il giramondo ungherese (che è stato anche a Padova, Trieste, Vicenza oltre che al Milan) ha chiesto un premio extra alla dirigenza, che glielo ha negato; lui ha preso cappello e se ne è andato lanciando una premonizione (o un'anatema?): “Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà due volte campione d'Europa ed il Benfica senza di me non vincerà mai una Coppa dei Campioni”. Staremo a vedere.

2 maggio 1962, Olympisch Stadion, Amsterdam
I detentori della Coppa: Eusébio da Silva Ferreira, Béla Guttmann
e Mário Esteves Coluna
Intanto, il Benfica si è qualificato ai quarti di finale anche in questa edizione, sotto la guida del più guardingo Ferdinando Riera, e fila dritto anche in campionato. Rimane una squadra tosta – la favorita – con quel gran leader carismatico che è Mário Coluna, e con la “Pantera Negra” Eusebio: quest’anno si è aggiunto anche il lungagnone José Torres per raccogliere di cabeza i cross di António Simões [leggi]. Il Real, invece, si è fatto buttar fuori dall’Anderlecht al primo turno. A sperare sono dunque i franzosi dello Stade de Reims, che hanno già conquistato e perso due finali (nel 1956 e nel 1959), e che hanno eliminato l’Austria Vienna, ma che mi paiono in fase calante. Soprattutto, è il Milan guidato da Nereo Rocco (e Gipo Viani) e da Cesare Maldini ad avere buone chances: polverizzato l’Union Luxembourg, ha liquidato gli inglesi dell’Ipswich Town agli ottavi, e tra qualche giorno si avvia ad affrontare i turchi del Galatasaray. Qualche spicciolo possono forse giocarselo anche gli olandesi del Feyenoord, che però mi paiono ancora un po’ acerbi. Le altre sono solo di complemento, a cominciare dall'allegra brigata alcolica del Dundee che segna molto e altrettanto subisce, e dal Dukla Praga, che emana il fascino ma anche l’inconcludenza del football mitteleuropeo.

L’ultima partita si terrà il 22 maggio all’Empire Stadium di Wembley, che ospita per la prima volta una finale di una competizione non britannica: e questo accresce il fascino della Coppa di cui andiamo a gustarci la fase conclusiva. Questo il programma dei quarti: il prossimo 23 gennaio si comincerà al BJK İnönü Stadyumu di Istambul (si noti: l’arena in cui gioca abitualmente il Beşiktaş) con Galatasaray-Milan. A seguire il 6 febbraio al Parc des Princes di Parigi con Stade de Reims vs Feijenoord; e il 6 marzo al Roi Baudouin di Bruxelles con Anderlecht vs Dundee e all’Estádio da Luz di Lisbona con Benfica vs Dukla Praga. Le partite di ritorno si terranno invece tutte il 13 marzo. Il pronostico sembrerebbe a favore di Milan, Stade de Reims e Benfica: fifty-fifty infine tra belgi e scozzesi. Staremo a vedere: non sbaglia pronostici solo chi non li fa …

Azor

Cronache di San Pietroburgo: il manifesto di Landskrona

In un comunicato emesso per suggerire la corretta esegesi del proprio manifesto intitolato Selezione 12. Tradizioni e principi, un gruppo di tifosi organizzati dello Zenit di San Pietroburgo, ai quali fa da portavoce il sito Landskrona, si rammarica del fatto che, da tutto il corposo e articolato documento (pubblicato lo scorso 16 dicembre), i media abbiano estrapolato arbitrariamente, e a scopo puramente scandalistico e diffamatorio, i passi nei quali trova espressione il loro scarso gradimento per i giocatori di colore. 

Offriamo qui sotto, in traduzione italiana,  il testo integrale del manifesto programmatico. Ciascun lettore trarrà le proprie conclusioni. Chi scrive ha abbozzato qualche estemporanea considerazione critica che la lettura del documento gli ha suggerito, senza alcuna pretesa di darne una interpretazione sociologica minimamente autorevole.

Per chiara e orgogliosa asserzione dei suoi stessi estensori, si tratta di un prodotto della «subcultura del tifo» e quindi non stupisce il fatto che, a dispetto di un procedere formalmente analitico e di toni anestetizzati (e qui si intuisce un grande, meritorio sforzo), prevalga di gran lunga una visione mitica della realtà, pienamente abilitata a prescindere dai dati di fatto. Così ci si dichiara orgogliosi dell’«enorme passo avanti nella gerarchia del calcio» compiuto dallo Zenit, e si paventa il rischio che la dura e pura squadra russa (con qualche circoscritta interpolazione comunque slava) possa avviarsi sulla strada della degenerazione multietnica, trasformandosi in un qualsiasi Manchester City, Arsenal o Anži (quest’ultimo dev'essere un dente che duole in maniera particolare). Non ci si accorge però che i travolgenti successi (non a caso solo interni) dello Zenit negli ultimi due anni derivano dallo stesso fenomeno da cui derivano i trionfi sportivi dell’aborrito Manchester City o del Chelsea: un improvviso, torrenziale flusso di denaro. In realtà anche in questo caso i tifosi dello Zenit potrebbero rivendicare una specificità russa: a differenza di quanto è accaduto nei casi del City, del Chelsea, dell’Anži o del Paris Saint-Germain, il club pietroburghese non può contare su un ricchissimo mecenate privato, ma su un accesso diretto al denaro pubblico tramite Gazprom, che fa valere anche in campo sportivo tutta la sua illimitata influenza di braccio economico del sistema di potere putiniano. 

Givanildo Vieira de Souza 'Hulk' (Brasile) e Axel Witsel (Martinica)
È del tutto comprensibile che, di fronte alle vittorie in campionato e nella coppa di Russia, i tifosi di Landskrona, con buona pace delle radici operaie della squadra orgogliosamente evocate, potessero agevolmente rimuovere questi dettagli. Ma quando la megalomania dei satrapi di Gazprom è arrivata al punto di spendere un mare di denaro per l’acquisto e gli ingaggi di due giocatori mulatti, e il pietroburghese Igor’ Denisov, bandiera dello Zenit, con gesto impavido e plateale, si è messo alla testa di un moto di liberazione nazionale, le fitte schiere dei tifosi organizzati non hanno potuto e voluto tirarsi indietro. Così sono riaffiorate prepotenti tutta la loro fierezza nordica e l’avversione inestinguibile per lo Spartak, il ČSKA, la Dinamo «tradizionalmente nostri acerrimi rivali». Basta confrontare il palmarès dello Zenit con quello delle tre formazioni moscovite per rendersi conto di quanto questa “tradizionale rivalità” esista solo nell'immaginazione dei tifosi pietroburghesi.  

La proposta, rivolta al proprio club, di istituire un tetto ingaggi, in astratto appare saggia, condivisibile ed eticamente motivata. Ma in pratica, senza ingaggi totalmente fuori mercato sarebbe stato difficile per lo Zenit attrarre e trattenere a San Pietroburgo fior di giocatori russi o, in subordine, slavi o, in subordine, biondi o, in subordine, almeno bianchi. Per tacere dell’allenatore. Ma tutte queste contraddizioni sono debolezze in fondo comprensibili e “giustificabili” da  chiunque sia visceralmente tifoso di una squadra di calcio. La questione si fa molto più scivolosa quando si esce dal campo di calcio e anche dalle gradinate dello stadio per avventurarsi nel “mondo esterno”, facendo valere  le  «norme di civiltà di San Pietroburgo» ed evocando, come fossero realtà tangibili e scientificamente provate, concetti quali mental’nost’ (cultura/forma mentis) e mentalitet (mentalità), come elemento che unificherebbe, senza eccezione, tutti gli individui appartenenti a un determinato popolo e li distinguerebbe, senza eccezione, da tutti gli individui appartenenti a un altro popolo. E le differenze di mental’nost’ (cultura/forma mentis) e mentalitet sarebbero direttamente proporzionali alla distanza geografica tra i luoghi abitati da ciascun popolo. A dire il vero, ragionamenti di questo tipo, nella Russia di oggi, hanno abituale circolazione in ambienti molto più colti rispetto a un consesso telematico di tifosi di calcio. Nel meticoloso sistema delle priorità geografiche di selezione dei calciatori, volendo sdrammatizzare, si può scorgere una riproduzione in miniatura della colossale, articolatissima architettura di gradi, compiti e diritti (pochi) in cui Pietro I, fondatore di San Pietroburgo, incasellò i propri sudditi. Se invece si vuole prendere la cosa sul serio, sorgono spontanei gli accostamenti a una folle e funesta ideologia novecentesca che si ritrovano in tutti i commenti riservati dalla stampa internazionale al documento in questione. In ogni caso non possono non sorprendere l’accostamento con una realtà come quella dell’Athletic Bilbao, espressione sportiva di una minoranza etnica e linguistica,  e il continuo, quasi maniacale, ricorrere del concetto della difesa dello spirito e dell’identità pietroburghesi. San Pietroburgo fu fondata trecentodieci anni fa con l’intento di dare imperlando russo una capitale moderna, e soprattutto un porto che potesse permettere alla Russia di entrare a pieno titolo nello scacchiere economico e geopolitico mondiale. Per assicurare la nascita dal nulla e lo sviluppo a tappe forzate di quella che Dostoevski definì  "la città più astratta e premeditata del mondo" furono fatte affluire, e più tardi vi giunsero spontaneamente in cerca di fortuna, moltitudini di sudditi dell’Impero Russo (russi, ebrei, baltici, ucraini ecc.), ma anche europei occidentali, soprattutto tedeschi. 


Dal 1918 San Pietroburgo non è più una capitale, ma con i suoi 5 milioni di abitanti oggi resta pur sempre la terza città più popolosa d’Europa, dopo Mosca e Londra; possiede una storia gloriosa, nella sua relativa brevità, e una tradizione culturale radicata. Il manifesto di Landskrona, invece, sembra scritto a nome di un villaggio del Canton Uri assediato da un esercito di colonizzatori africani ...

MacUrl




SELEZIONE 12
Tradizioni e principi

Come molti di noi ricordano, qualche anno fa, dopo una delle situazioni più complicate della storia, ritenemmo necessario fissare le nostre idee in una forma compiuta. Nacque così il nostro manifesto «Per il calcio tradizionale», dove si chiarivano al grande pubblico, ai mezzi di comunicazione di massa, ai giovani supporter confluiti nel movimento dei tifosi, i principi su cui si fonda la subcultura del tifo. Inoltre, uno degli obiettivi di quel manifesto era il desiderio di conservare i nostri valori e il calcio stesso, così come ci è caro. Nel momento attuale noi stiamo crescendo come movimento di tifosi, e abbiamo il desiderio di approfondire la questione.
L’elemento catalizzatore per la nascita di questo testo è stata situazione venutasi a creare di recente con la pubblica presa di posizione di Igor’ Denisov, ma un interrogativo di portata più generale, e cioè: «Quali giocatori i tifosi vogliono vedere con la maglia dello Zenit» incombeva da un pezzo nell'aria sopra la tribuna. In questo testo abbiamo cercato di unire i commenti di rappresentati di diverse generazioni di tifosi, alle quali sta realmente a cuore la questione, e i tifosi sono intervenuti con grande passione sul forum che avevamo aperto in precedenza su questo tema.
Non ci illudiamo che già domani tutto possa essere così come vogliamo. Ma, compiuto questo primo passo, espressa la nostra posizione in modo chiaro e argomentato, contiamo di avere un punto di appoggio per future azioni e discussioni. 

SELEZIONE – 12

Il calcio moderno nell'ultimo decennio sta gradualmente cessando di essere un «gioco popolare» e diventa un puro e semplice business. I club calcistici vengono gestiti come se fossero aziende, il criterio fondamentale per valutarne il successo sono gli utili realizzati a fine anno (fine stagione). 
Questo modo di gestire il business del calcio (in caso di gestione corretta di un club), da un lato porta a una crescita costante di determinate società di calcio e a successi sportivi. D’altro canto il calcio ricorda sempre più una fabbrica che, al pari di Hollywood, sforna «progetti calcistici» (come si usa dire oggi) tutti uguali, ognuno dei quali tenta di scalare l’Olimpo e realizzare grandi incassi.  

Dalla fine degli Anni ’90 lo Zenit ha compiuto un enorme passo avanti nella gerarchia del calcio, facendo affidamento per la maggior parte del tempo su giocatori del proprio vivaio, giocatori russi e stranieri di cultura/forma mentis (ментальность) affine. Oggi lo Zenit è la nave ammiraglia del calcio russo, e il modo in cui abbiamo raggiunto questo livello ci rende orgogliosi della nostra squadra.

Oggi temiamo che il club possa deviare da questo cammino e avviarsi sulla strada del Manchester City, dell’Arsenal di Londra [in ambito post-sovietico la precisazione è dovuta perché anche Kiev ha il suo Arsenal, n.d.t.], dell’Anži e di molte altre società che fanno incetta di giocatori di vari paesi del mondo e non incarnano la regione o la città che rappresentano. Per noi è molto importante che lo Zenit mantenga la propria identità. Non vogliamo diventare l’ennesimo bel progetto calcistico, magari anche redditizio. Lo Zenit ha un significato particolare per i pietroburghesi e per gli abitanti della regione, tra il nome della città e la parola Zenit si può porre un segno di uguaglianza.

Non vogliamo permettere che lo Zenit si trasformi, per così dire, da inimitabile film d’autore qual è, nell'ennesimo blockbuster hollywoodiano. Proprio per questo motivo per noi è importante portare a conoscenza della dirigenza del club e dell’opinione pubblica il nostro punto di vista su quali giocatori vogliamo vedere nell'organico della squadra e su quale, a nostro avviso, deve essere la politica di selezione dello Zenit.

Il presente manifesto non ha carattere ultimativo, ma si tratta di un punto di vista condiviso da persone che da molti anni sostengono la squadra con fede e sincerità. 

QUALITÀ CALCISTICHE

Nonostante il proprio «volto colto» e la conseguente immagine, Pietroburgo è sempre stata legata alla classe operaia. Nella nostra città è storicamente esistita ed esiste tuttora una enorme quantità di stabilimenti e fabbriche. Lo stesso Zenit, com'è noto, ha le proprie radici in uno stabilimento industriale. Proprio per questo motivo i tifosi hanno sempre apprezzato gli autentici faticatori, capaci di compensare l’insufficienza di talento con una furiosa abnegazione.

Anche oggi vogliamo che per lo Zenit scendano in campo prima di tutto degli autentici combattenti, che in ogni episodio diano prova della massima abnegazione. Possiamo perdonare e accettare la sconfitta, ma non tollereremo lo scarso impegno in campo e il gioco svogliato. I  giocatori della nostra squadra sono stati messi in condizione di potersi concentrare soltanto sul calcio e di poter affinare continuamente le propria maestria calcistica. Apprezziamo i giocatori che, alla fine degli allenamenti, restano sul campo per perfezionare questo o quel particolare tecnico, al fine di essere, in partita, migliori dei propri avversari. Non sottovalutiamo l’importanza del talento delle stelle, capaci di effettuare 1-2 giocate straordinarie a partita, tuttavia preferiamo che queste stelle non si sottraggano al lavoro oscuro e abbiano una carattere combattivo e non diventino dei «geni del singolo episodio».  

Ciò non significa che per lo Zenit debbano giocare solo calciatori volenterosi ma limitati. Ciò significa che anche il più dotato genio del calcio deve dare il 101% in ogni partita.

In conclusione: che cosa vogliamo da ogni giocatore che scende in campo con la maglia dello Zenit, a cominciare dalle squadre giovanili?
- abnegazione totale;
- costante aspirazione alla crescita professionale;
- niente simulazioni! Solo vittorie oneste;  
- aspirazione alla vittoria in ogni partita, fino all'ultimo minuto, indipendentemente dal risultato e dallo status dell’avversario.

MENTALITÀ (QUALITÀ UMANE)

La professione del calciatore contemporaneo implica un determinato comportamento non solo in campo, ma anche fuori da esso. Per i pietroburghesi il comportamento della persona fuori dal campo è sempre stato forse persino più importante della prova di sé che il giocatore dava durante la partita. Questo dimostra quanto gli abitanti di San Pietroburgo tengono alla propria squadra e a come essa rappresenta la nostra città.

Riteniamo dunque che i tifosi abbiano il diritto di esigere dai calciatori dello Zenit un comportamento degno durante le partite e dopo la loro conclusione. I calciatori devono rappresentare modelli positivi sia per la gioventù sia per i tifosi adulti. Per noi sono inaccettabili situazioni in cui ci si debba vergognare per il comportamento di giocatori dello Zenit nella vita quotidiana. Da qualunque luogo provenga un calciatore, militando nello Zenit, egli rappresenta San Pietroburgo e per questo deve essere degno della gloriosa città.   

In conclusione: che cosa vogliamo dai giocatori dello Zenit fuori dal campo di gioco?

- comportamento degno nella vita quotidiana, conforme alle norme di civiltà di San Pietroburgo;    
- rispetto delle persone, assenza di divismo nei quotidiani rapporti interpersonali;
- interesse per la storia della nostra città e del paese, atteggiamento rispettoso nei confronti dei nostri valori;
- rapporti con i giovani calciatori dello Zenit fondati sul rispetto reciproco e sull'aiuto nella crescita professionale: tutti noi siamo lo Zenit!
- siamo contrari al fatto che allo Zenit arrivino calciatori «opportunisti», che cambiano club in continuazione;
- non vogliamo che i giocatori dello Zenit diano pubblica dimostrazione di essere dediti all'alcol o alle sigarette
- siamo contrari al fatto che nello Zenit giochino rappresentanti di minoranze sessuali; 
- atteggiamento rispettoso nei confronti dei rappresentati corretti e professionali dei mezzi di comunicazione di massa, i quali svolgono il proprio lavoro per i tifosi.

PRINCIPI DI SELEZIONE

Ringraziamo la direzione della società per l’attenzione alle scuole calcio e al settore giovanile dimostrata negli ultimi anni. L’accademia dello Zenit è il miglior acquisto e un investimento a lungo termine per la crescita del club.

Nel contempo, abbiamo un nostro punto di vista sui club, le regioni e i paesi dai quali vogliamo che provengano prioritariamente i giocatori dello Zenit. Ripetiamo, il nostro punto di partenza è il fatto che lo Zenit rappresenta il simbolo della città, e dunque deve rifletterne l’essenza, esserne il volto nello sport contemporaneo. Inoltre per noi è di vitale importanza che lo Zenit mantenga la propria identità, e non si trasformi in una statisticamente media squadra europea, con il sua legione standard di stranieri.

Pertanto rivolgiamo alla direzione del club la proposta di esaminare il seguente approccio alla questione delle priorità nella selezione dei calciatori e nel lavoro degli osservatori: 4 indirizzi prioritari nei criteri di selezione, dalla priorità più alta a quella meno significativa.

Indirizzo prioritario N°1. San Pietroburgo e Regione Leningradese

A queste persone non è necessario spiegare molto, molti ragazzini sono nati e cresciuti qui. Vogliamo vedere e sentire parlare del lavoro fervente dei nostri osservatori nei campionati cittadini e regionali, nelle competizioni di quartiere, nei campionati scolastici, nei tornei amatoriali. Vogliamo vedere i risultati del lavoro degli osservatori, cioè la nascita di nuove “stelle” e “stelline” locali nelle squadre della scuola calcio e del settore giovanile. Oltretutto conviene anche alla società: i costi per il mantenimento di questi calciatori e per gli spostamenti si abbattono considerevolmente. Inoltre, per la società non ci sono praticamente rischi legati all'adattamento  Per noi ciò significa mantenimento della nostra identità del concetto di Zenit, del volto del club.    
  
Indirizzo prioritario N°2. Regione Nord-Occidentale e Russia Centrale

Anche con la Regione Nord-Occidentale la parola Zenit ha una associazione storicamente molto forte. Nella nostra città vive e lavora una quantità enorme di gente di Murmansk, di Archangel’sk, Petrozavodsk, Pskov, Novgorod ecc. Qui storicamente sono affluiti e nella maggioranza dei casi si sono fermati i più forti e talentuosi rappresentanti di queste città e regioni. Il club pietroburghese si può associare anche a queste città e regioni.
Parlare della Russia Centrale, significa parlare dei ragazzi russi più talentuosi, per i quali lo Zenit è un sogno, una chance. E qui noi siamo pronti ad aiutare la società per le questioni riguardanti l’adattamento dei ragazzini arrivati all'Accademia  Siamo pronti a far conoscere loro la città, le nostre tradizioni, in modo che lo spirito dello Zenit per loro sia direttamente legato alla nostra grande città. Peraltro questa proposta vale anche a proposito degli stranieri che arrivano per giocare in prima squadra, ma in questo senso sta facendo molto anche la società stessa. 

Indirizzo prioritario N°3. Resto della Russia, Ucraina e Bielorussia, Paesi Slavi, paesi baltici e scandinavi. 

Se i talenti necessari non si trovano nelle regioni sopraccitate, le priorità di selezione va spostata alle rimanenti regioni russe. In questo caso, tenendo presente la multietnicità del nostro paese, è molto importante il momento dell’adattamento per chi è portatore di altri codici culturali. Ripetiamo, partiamo dal presupposto che un calciatore che gioca nello Zenit rappresenta la nostra città in campo e fuori da esso.
Perché tra gli altri paesi diamo la preferenza alle “repubbliche sorelle”, ai paesi del Baltico  e alla Scandinavia? Anche in questo caso a causa di legami storici, sociali e culturali. Alla Bielorussia e all'Ucraina ci lega la storia secolare di uno stato unitario, ai paesi slavi la vicinanza di mentalità, abitudini e comportamento, sia in campo sia fuori. Ci sono affini per spirito anche gli scandinavi, che hanno nel sangue la sete di lotta e l’abnegazione. Ai paesi baltici ci lega una lunga storia di relazioni culturali e di affari, questi stati sono nostri vicini. Inoltre, per mentalità, queste sono le nazioni che più ci si addicono. Tranquilli, responsabili, professionali, senza tendenze all'esibizionismo e alle simulazioni, ecc.

Indirizzo prioritario N°4.  Resto d’Europa

Tutti gli altri continenti, all'infuori dell’Europa, a nostro avviso, non devono rientrare tra le priorità dello Zenit. Ciò non significa che siano tabù. Ma volare in America Latina ha senso solo se prima abbiamo saggiato con onestà e professionalità tutte le possibilità di ricerca di giocatori nella nostra regione, in Russia e in Europa.
Perché? La risposta è semplice. Non si tratta di trito razzismo o di nazionalismo: semplicemente il club perde la propria identità regionale, noi cessiamo di associarci a esso.  

ACERRIMI RIVALI
 
Ci risulta estremamente sgradito l’ingaggio da parte dello Zenit di giocatori che sono stati simboli dei club tradizionalmente nostri acerrimi rivali: Spartak, CSKA, Dinamo. Siamo anche categoricamente contrari al fatto che giocatori della nostra squadra, a cominciare dalle formazioni giovanili, passassero ai suddetti club. A nostro parere il club non dovrebbe consentire questi trasferimenti, che rafforzano i nostri acerrimi rivali.

LO ZENIT E I GIOCATORI DALLA PELLE NERA 

Ci soffermiamo separatamente su questo argomento, in quanto esso suscita molti interrogativi in vasti strati dell’opinione pubblica. 

Non siamo razzisti e per noi l’assenza di giocatori dalla pelle nera nella rosa dello Zenit è soltanto una tradizione importante, che sottolinea l’identità del club e nient’altro. Grazie al mantenimento di questa tradizione, lo Zenit nel mondo del calcio ha un proprio volto ben definito, e si colloca nel ristretto gruppo dei pochi club calcistici che hanno conservato la propria identità.

Ci risulta incomprensibile la disparità di giudizio dell’opinione pubblica su questo argomento. Perché molti si entusiasmano per la scelta dell’Athletic Bilbao, che si affida a giocatori cresciuti nel proprio vivaio e provenienti dalla propria regione, mentre si esercita una pressione continua sulla dirigenza del nostro club e sui suoi tifosi accusandoli di razzismo?  

Noi, come club più nordico tra le grandi città europee, non siamo mai stati mentalmente collegati all'Africa  così come al Sud America o all'Australia e all'Oceania  Non abbiamo nulla in contrario agli abitanti di questi e di qualunque altro continente, ma vogliamo che nello Zenit giochino, prima di tutto calciatori affini per spirito e mentalità. Adesso invece i giocatori dalla pelle nera vengono imposti allo Zenit quasi a forza, e ciò suscita solo una reazione contraria.

Permetteteci di restare quelli che siamo.

Oltre a ciò, non si può non tener conto della specificità del campionato russo. Da noi prevale un calcio duro, basato sul contrasto fisico, su campi che in molti casi lasciano a desiderare. Inoltre, la maggior parte del campionato si gioca in condizioni climatiche piuttosto rigide. In tale contesto per i giocatori tecnici provenienti da paesi caldi risulta abbastanza difficile esprimere pienamente il proprio talento calcistico.

TETTO INGAGGI

Proponiamo alla direzione della società di considerare la questione dell’introduzione di un tetto ingaggi, sia per i giovani sia per la prima squadra.

Il limite agli stranieri e l’assenza di una concorrenza a trecentosessanta gradi hanno fatto sì che molti giovani giocatori pensino solo al nuovo contratto, agli oggetti alla moda e alle automobili, invece di concentrarsi sulla crescita professionale, calcistica e sui risultati sportivi. 

Come dimostra la pratica degli ultimi anni, i giocatori della prima squadra forniscono regolarmente esempi perniciosi ai giovani calciatori, in pratica ricattando la dirigenza del club al momento della stipula dei nuovi contratti.

Riteniamo che gli ingaggi offerti dalla nostra società siano più che adeguati al livello di capacità dimostrato dai calciatori. Va ricordato poi che ai calciatori, oltre allo stipendio, viene fornita l’opportunità di  vivere in una delle città più belle del mondo ed essere oggetto di un autentico amore popolare e dell’alta considerazione dei pietroburghesi. 

Per questo riteniamo che qualunque giocatore che tenta di strappare il contratto migliore per se stesso attraverso il ricatto o altri mezzi non etici, deve essere messo sul mercato. In questo caso è ammissibile la sua vendita agli acerrimi rivali, ma solo in caso di assenza di soluzioni alternative. 

Riteniamo che gli ingaggi dei giocatori dello Zenit debbano corrispondere a un ragionevole livello di mercato, poiché la remunerazione eccessiva dei calciatori conduce all'avidità e all'assenza di crescita professionale.

Non possiamo non sottolineare il significato sociale di tale decisione. Negli ultimi tempi il campionato Russo di calcio viene paragonato, non senza un fondamento, al campionato del Qatar o a quello cinese, in relazione agli alti ingaggi dei calciatori. Dato il livello di reddito della maggioranza della popolazione della Russia, la situazione attuale, riguardo ai guadagni dei calciatori del campionato russo, appare come un festino in tempo di peste.

CONCLUSIONE

Il nostro punto di vista non è un dogma assoluto. Tuttavia riteniamo che il mantenimento o l’introduzione dei principi proposti consentiranno al club di mantenere la propria identità in una prospettiva di lungo periodo e di non trasformarsi in un «progetto calcistico» come tanti.